Foto di Simon Berger – Da Pexels
Babbo Natale è stanco. Ha freddo, sete e gli fanno male i piedi. Sono quasi dieci ore che sta in piedi nella poltiglia grigiastra che stamattina era neve, davanti alla porta automatica del supermercato. Un ciuf ogni trenta secondi, uno sbuffo di calore sudaticcio, voci concitate dei cacciatori di regali, frammenti dei gingle natalizi d’ordinanza. E macchine che slittano sulla peggiore nevicata degli ultimi vent’anni. Persino gente che va in giro con gli sci. Si guarda nella vetrina e fa una smorfia. Il costume gli casca da tutte le parti, la cintura nera in finta pelle è scesa pericolosamente sotto il livello di guardia del cuscino che fa da pancione. Anche il berretto bianco e rosso è troppo grande. Si è stufato di risistemarselo continuamente: lo lascia pendere di lato, a scoprire un po’ del cotone con cui si è arrangiato a tenerlo su.
Anche il sorriso gli viene un po’ storto, nel nevischio che fa da cornice perfetta alla vigilia di Natale, mentre distribuisce i volantini con il buono sconto. Eppure può essere contento.
Se il Babbo Natale titolare non si fosse rotto una caviglia all’improvviso, se lui non fosse stato a spargere fiato sulla vetrina e ingoiare acquolina davanti a salami e panettoni, se il direttore del supermercato non fosse uscito a fumare nervoso per essere rimasto senza Babbo Natale, lui non sarebbe lì. Peccato solo che l’altro tipo fosse due taglie più di lui, ma non si può avere tutto. Mentre allunga il braccio con il volantino, si sente tirare la giacca dal basso.
La bambina è bionda e graziosa, occhi azzurri come il piumino che ha addosso, e lo guarda con aria molto seria.
– Ma sei davvero Babbo Natale?
Lui cerca di ricordarsi le istruzioni: fare il vocione, sorridere, infilare un Oh, oh! ogni tre parole.
– Oh, oh! Ma certo, carina. Non lo vedi il mio vestito?
– Veramente non sembra neanche il tuo. Babbo Natale è grasso.
La voce viene di lato. Un bambino biondo, fotocopia della sorellina, ma con i capelli a caschetto invece che lunghi.
– S-sì, be’, – si è già dimenticato l’Oh! oh! e si ricorda del vocione solo a metà frase – mi sono messo un po’ a dieta. Oh, oh!
– Mmmh. Mi sa che sei un imbroglione. E le renne, dove sono?
– L-le… le renne, le ho dovute lasciare più lontano. Non si può mica parcheggiare, in centro.
Il bambino lo guarda e tira per la manica la sorella.
– Lascia stare. Questo qui non è Babbo Natale.
Lei guarda il berretto storto, la pancia sbilenca sotto il panno rosso.
– Magari ti sbagli. Magari può farlo davvero.
L’uomo la guarda.
– Fa… – ah, già, il vocione – Fare che cosa?
– Non dirglielo.
– Invece glielo dico. Senti, se sei davvero Babbo Natale sei anche capace di aggiustarli, i giocattoli, no?
– Be’, certo, io…
– Perché il nostro bob si è rotto. Cioè i freni sono andati fuori posto, così non si può più andare perché è sempre frenato, hai capito?
– Sì, certo, ho capito. Ma dov’è, il bob?
– Qui dietro l’angolo. Siamo venuti con la nonna, ce l’ha regalato lei, se vede che è rotto diventa triste. Puoi aggiustarlo?
Hanno gli occhi lucidi e il labbro che trema. Lui butta un occhio all’orologio della scala mobile. Quei bob di plastica. L’asta che fa da freno sarà andata fuori posto, ma basta un po’ di forza e di attenzione. Si decide.
– Andiamo a vedere. Ma non prometto niente, eh?
– Grazie!
Il sorriso illumina le faccine, mentre lo tirano per le maniche.
Appena girato l’angolo, la terra gli sfugge sotto i piedi, crolla all’indietro e resta immobile nel buio del vicolo, il rosso che si allarga sotto la testa.
– Hai visto? Te l’avevo detto che la pozza gelata funzionava.
– E io te l’avevo detto che non li aveva, i soldi. Questi mica li pagano prima. Se no vanno a bere invece di lavorare, come dice papà.
– Uffa, tanta fatica per niente.
Una voce di donna chiama ansiosa dalla pozza di luce. Corrono via, attenti a non scivolare.
– Dove eravate? Ero preoccupata!
– Ci sembrava di avere visto Babbo Natale, mamma.
– Lo sapete benissimo che Babbo Natale non esiste. E non sparite più così, che ci sono tanti uomini cattivi, in giro.
©Euro Carello, 2023