Deteur, deviazioni narrative

Lo stringo sul seno. I denti umidi, il naso piccolo e secco.Gli accarezzo il capo. Inspiro un odore diverso da quello degli altri gatti, ma simile a quello di Edmund. Non ho mai capito perché sapesse di lepre, paglia e vento nei campi. Perché emanasse una scia lieve di concimeleggi »

Il palo del semaforo ha un sapore secco. Sanguigno. Sulla lingua resta l’asprigno del sole e della vernice.La bambina lo afferra per un polso e gli strattona il braccio. «Di che cosa sa?» Andrea si divincola e l’allontana con la mano aperta. Chiude gli occhi, scrolla le spalle e aspiraleggi »

Mia madre e io vivevamo a ridosso di un grande parco cittadino. Dietro il basso edificio in cui abitavamo, tra i frassini e le betulle, si snodavano stretti sentieri polverosi. Oltre i recinti di legno, i germani reali rimandavano umidi bagliori verdastri tra le rive dei laghetti e le sterpaglie.Dileggi »

Il giorno in cui ci trasferimmo, sbottonammo i piumini e detergemmo la fronte con il dorso delle mani. Affrontammo l’esperimento con l’allegria delle coppie che si aggiravano caute fra gli scatoloni e i sentori dei detergenti con l’ammoniaca.Al pensiero di quanto avremmo risparmiato, ci brillavano gli occhi. Le uova fritteleggi »

Uno dei ragazzi era appoggiato al muro. Fumava una sigaretta e aspirava a fondo. La giacca nera gli smagriva il busto e le braccia. I mattoni della chiesa, e l’aria cupa, portarono Luca al passato. Ai video dei gruppi di Manchester, ai loro volti pallidi e alla pioggia. Il cieloleggi »