FESTIVAL DELLE GENERAZIONI
#FFDG14
Resta che ti passa
Strega Marmocchia delle infinite vicinanze, spiegami. Dovrei essere di mezza età e non ne sento nemmeno mezza. Nessuno degli scrittori a cui l’ho chiesto ha voluto dirmi quand’è che secondo lui la scrittura diventa letteratura. Cioè quello che resta.
Perché il più giovane di tutti aveva novantadue anni ed era La Capria? Mi ha detto che viviamo dentro una bottiglia e che ci contiene tutti il pregiudizio, come mosche. Mi è sembrato così bello che uno scrittore sapiente riconoscesse il limite, lui che lo ha già varcato. Come a guardarsi indietro, come a voler tendere una mano.
Io tendo alla felicità, perciò mi sveglio e ti sparo nelle orecchie Personal Jesus di Johnny Cash. Sorry.
Questo festival dell’insonnia, a scrivere fino alle quattro del mattino cose buffe e irriverenti per inchinarci alla bellezza, dimmi perché.
E poi Trevi, Mogol, De Silva. Lucidità, leggenda, simpatia intelligente.
Albinati che sostiene di avere pudore nel raccontarsi. Pudore nel raccontarsi uno scrittore? Esattamente questa, la domanda che ho lasciato in sospeso nei miei appunti. Io mi sento svergognata per ogni singola lettera che pigio sulla tastiera. Lo considero un onorevole prezzo o non potrei nemmeno pensare di cominciare. Credevo che funzionasse per tutti più o meno allo stesso modo.
Ma cosa nella massa dei libri pubblicati sia destinato a restare, quale idea, quale meritevole pensiero, quale traccia indelebile, non me lo ha detto nessuno.
Tre giorni insieme, lettori e autori, stampa e stampati, stanchi e stancati, spacciatori di letteratura in pochi caratteri. Insieme a parlare, a conoscersi, a fraintendersi e litigare, a ritrovarsi per poi andare via. Questo è stato.
Dimmelo tu quello che resta.
Arzilla Befana che è come se fossi qui, spiega tu una cosa a me. Io non lo so che cosa resta: chiedo a te cos’è che passa. Quando un anziano lacrima perché gli si parla di Pinocchio, quando il futuro ci aiuta ad attraversare la strada. Cosa manca nel mezzo? L’hai mai visto, Befana, un bambino di oggi alle prese con una radio a transistor? Credevo gli passasse la pazienza, temevo gli mancasse la curiosità. A volte, per creare i miracoli, basta mettere insieme persone così lontane, libri con diversi zeri di tiratura, grandi classici e smartphone, vite agli antipodi per durata e natura.
Avevi mai pensato alle prime punte di Carla Fracci? Non eravamo nate e lei ci sanguinava per raccontarlo un giorno a noi. Lì ho sentito fortissimo che non è il tempo a passare, che passiamo noi.
Hai visto Nicola Piovani? Gli manca la fine: sa che non ne avrà mai una. Forse anche noi, Befana, resteremo immortali nei bit di un blog che tra cento anni dimenticheranno di chiudere. Ma davvero c’importa? Davvero facciamo tutto ‘sto casino perché resti qualcosa?
Cos’è che scivola via senza il diritto di essere vissuto? Perché ci perdiamo le cose per strada e neanche ce ne accorgiamo? Perché permettiamo che finiscano senza essere raccontate? Quand’è che i giorni scorsi si sgretolano nella memoria e passano? Io avrei voluto sapere questo e nessuno me lo ha spiegato.
Questo festival delle sveglie all’alba, felici e moleste e non c’è nulla da scusare. Della rassegna stanca al caffè in cui è nato il Futurismo. Delle corse sfrenate per non perdersi niente. Dell’impotenza di non poter essere dappertutto. Questi giorni col desiderio di essere come tutti, con le cose che restano e quelle che passano, come è scritto da sempre nelle regole del mondo, senza che sia possibile capire del tutto. Questo è stato.
Dimmelo tu quello che passa.
© Clara Abatangelo & Roberta Lepri
befane e Marmocchie da 10 e lode! stupendevole !