Mai sfiorata con un dito

Lei non si mosse da com’era. Sentì una specie di gelo che saliva per le vene, come quell’acqua mista a ghiaccio che filtra tra le rocce nei ruscelli di montagna. Le prime volte che sperimenti la ferocia di certe parole senti la paura zoppicarti dentro: gola, cuore, orecchie. Poi ci fai l’abitudine e avverti solo il freddo.
Fermati, pensò. Ma era ferma già.


Lui afferrò con rabbia il beauty case dalla mensola del bagno, aprì la cerniera centrale, sbottonò le tasche laterali. Si avvicinò al balcone di casa e si girò a guardarla solo per l’attimo di una sua qualche certezza, la misura esatta che gli confermava quanto tra i due sapeva essere il migliore.
I muscoli di lei intanto somigliavano agli elastici delle fionde quando rinculano e poi si afflosciano come stanchi. Fermati pensò ancora, mentre lui l’accusò di essere la solita inaffidabile, irresponsabile donnetta. Fermati si ribadì ferma com’era. Lo vide rovesciare il beauty oltre la ringhiera del balcone, sentì qualcuno insultarlo, una voce maschile che arrivava dalla strada, coglione, ma che fai? Lui diventò prima bianco come la cipria trasparente che galleggiava per aria come un monumento di polvere, poi rosso vermiglio come il suo amato Dior Rouge Blush 028 che immaginava frammentato in mille scaglie fiammeggianti. 
Lui tirò un calcio a una sedia, si fece male, ne tirò un altro a vuoto per la rabbia di quel dolore che non intendeva meritarsi.


Era colpa sua, tutta colpa di lei, considerò. Aprì le ante dell’armadio e lo trovò: quell’osceno vestitino rimediato al mercato delle pulci che voleva rendere l’idea di una donna aperta e di buon gusto. Corto appena sotto le mutande come quelli delle puttane, come le poco di buono. Colorato a motivi pop, con delle paillettes inopportune e luccicanti, quasi certamente indossato da qualche altra progressista del cazzo negli anni sessanta; ma adesso basta. Basta davvero.


Provò a strapparlo con la forza di quelle sue mani bianche e mollicce. Nulla: coriaceo come il guscio di un gamberone arrosto. 


Fermati lei ripeteva, fermati, si calmerà. Finché si agita puoi tollerarlo, in fondo sono capricci di bambino. Tra un paio d’ore, al solito, sarà adorabile come se non fosse successo niente. 


Lui aprì qualche cassetto a caso per cercare qualcosa, forse delle forbici. Trovò un taglierino a lama larga che aveva visto in mano all’elettricista quella volta in cui si doveva rifare l’impianto salvavita. L’elettricista, buono anche quello. L’immagine di un uomo per casa lo infiammò ancora di più. Con un’ira spropositata e scomposta tagliò per il lungo in due parti quasi identiche il vestito che perse qualche paillette. 
Lei gettò uno sguardo al cellulare che si illuminò all’improvviso segnalando un messaggio in arrivo. Lui gettò uno sguardo furioso allo stesso cellulare che osava brillare impavido. Non poteva tollerare oltre, in un momento come quello, poi, un momento cerimoniale, regale quasi, in cui ogni lordura di lei poteva essere sanata a botte di candore brutale. La mondezza di un messaggio invadente no, non poteva sostenerla. Lo scaraventò dal balcone con rabbia, tuttavia mantenendo la classe di un lanciatore di baseball, mettendoci tanta di quell’enfasi che atterrò nel terrazzo dirimpetto. 
Lei si rivide in sua madre, quarant’anni paralizzata dall’ira del marito, le lacrime che le rigavano il viso muto e immobile, rintanata in un angolo a pregare che finisse presto. Non mi ha mai sfiorato con un dito, si era vantata al funerale mentre lo piangeva. Mai. 
Vero, assolutamente vero, mamma. 

 

Saggiò il momento e finalmente si mosse piano, tanto era già sereno: il momento dei sensi di colpa era arrivato presto e poteva durare anche giorni. Con un cellulare rotto, poi, anche settimane intere. Che culo. Ho perso la testa, le disse piagnucolando come al solito, perdonami, è solo perché ti amo troppo. Ma se ti va usciamo e ti compro quel nuovo modello, quello col processore Octa-core, le quattro fotocamere posteriori.


Lei pensò che, in fondo, non voleva un cellulare migliore. 
Ma sentiva l’urgenza di ricomprare quel fard precipitato giù, il suo meraviglioso Dior Rouge 028. Lo rivoleva, ora, subito, gli mancava in maniera lancinante e improvvisa. E quando ti accorgi di amare più un blush di un uomo, ecco: è proprio arrivato il momento di andare.

© Katia Colica

Katia Colica

Condividi: