Leyla di Nicoletta Vallorani

(Coro)

Siamo venute al mondo femmine, e dunque violabili. Siamo venute al mondo umane per essere trasformate in cose. Siamo venute al mondo per servirvi come padroni. A questo ci hanno educate, in modi che non ci piace raccontare. Ma il nostro corpo li conosce e li ricorda.

Siamo venute al mondo e dal mondo siamo uscite per sottrarci. Perché non avete capito e non capirete. Esistete da soli, voi uomini, in un luogo vuoto e desolato, ai confini della Cinta, dentro una Città Murata che vi contiene ma che non servirà a proteggervi. Siamo tornate. Ora siamo tornate. E questa città non sarà più la stessa.

(Voce solista 1: Leyla)

Io sono Leyla.

Sono nata nel quadrante nord delle Isole Albine. Sono figlia di un cavapetrolio dei ghiacciai e di una madre maestra dei venti. E’ una vita molto dura, la nostra. L’orizzonte è fatto di bianco levigato e freddo, e diventa anche lo spazio dei nostri pensieri e la dimensione del nostro tempo fermo. Nulla cambia, nel paese da cui vengo. E siamo pallidi come le isole che abitiamo.

Finché non l’ho visto scorrere, pensavo che il mio stesso sangue fosse bianco e splendente.

Mio padre aveva occhi sereni e molte madri lo hanno scelto per concepire quando è arrivato il loro tempo. Era capace di sognare, ed è difficile nel posto da cui vengo: ogni fantasia si asciuga nel freddo fino a farsi osso tagliente. Prima di vedermi nascere e diventare grande, mio padre aveva scolpito la mia forma nel ghiaccio, immaginandomi come poi sono diventata.

Nelle Isole Albine, nasciamo libere. Siamo sopravvissute a diverse glaciazioni, abbiamo protetto gli uomini della comunità, e abbiamo mantenuta accesa la fiammella della nostra vita. Non ci hanno trovate per molto tempo. Abbiamo vissuto ai confini del mondo, coltivando i tramonti.

Poi sono arrivati i tagliatori di teste dalla città.

Sono stata reclutata a tredici anni, da un cacciatore di teste. Sono stata addestrata nella Città Murata, insieme alle altre ragazze destinate al Commercio. Ricordo molta polvere, stanze piccole e senza luce e poco cibo. Ricordo qualche altra ragazza, ma non molte. Ricordo anche gli istruttori che ci seguivano, qualcuno. Non ricordo i loro volti, ma altre parti del corpo sì.

Gli istruttori si occupavano dell’addestramento preliminare e, quando era necessario, del Rito, la consumazione preliminare all’inclusione nel Catalogo delle femmine.

Io non sono stata stuprata. Ho imparato che esistono altri modi per appropriarsi del corpo di una donna. In ogni caso, mi volevano vergine, che mi avrebbero venduta meglio

Ero brava, intelligente, anche molto bella. Mi hanno ammessa al Gioco il 28 dicembre. Ero un dono prezioso per il nuovo anno, un pacchetto di vita per una persona importante, non ho mai saputo quale con precisione. Gli uomini che si sono occupati di me, armati di ogni genere di attrezzo, erano sei.

Il mio tempo è stato 300 ore.

Quasi un record.

©Nicoletta Vallorani, 2020
©Foto di copertina Mario De Carolis, Echo Project

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *