La Sviaggiatrice distratta [13] di Viviana Gabrini

LA ROUTE DE VINS ALSAZIANA

Meritevole di due viaggi, uno estivo e uno autunnale, l’Alsazia non delude le mie aspettative: vigneti a perdita d’occhio, filari dritti e allineati come soldatini, colline morbide, paesi ordinati e casette che sembrano di marzapane, enormi nidi di cicogne sui tetti, vini sublimi e gente allegra e sorridente.
Sembra impossibile che queste terre così ricche e accoglienti siano state, per secoli,  teatro di guerre, battaglie e contese. Di quel passato travagliato, di quel mutare di frontiera e vessilli in bilico tra Francia e Germania, l’Alsazia conserva traccia nella lingua (un dialetto di chiara origine tedesca), nella toponomastica e nella cucina, ricca di crauti, salsicce e carni di maiale, ma “accoglienza” è la parola che meglio rispecchia lo spirito di queste terre.
Nel mio peregrinare lungo la via dei vini, circa 200 chilometri di morbide curve, paesi incantati e cantine aperte, ho sostato alcuni giorni a Colmar, dove, pari merito, sono stata rapita dalle architetture gotiche della collegiata di San Martino, dall’altare di Issenheim di Grunewald, dai dipinti di Cranach il Vecchio e dai formaggi sublimi che un abile bottegaio di origine afgana vende in un buco nel cuore della petite Venise, il quartiere colorato e allegro che sorge lungo il canale principale della città.

© ph. V. Gabrini

Ma è di ruote che bisogna munirsi (due o quattro poco importa) se si vuole gironzolare lungo la strada dei vini. Duecento chilometri senza mai stancarsi: case a graticcio e vigneti, castelli e vestigia romane, e soprattutto magnifiche cantine dove i vini, soprattutto bianchi, inducono a soste frequenti e shopping di cui non ci si pente mai.
Gli acquisti più consistenti li faccio da Doppf et Irion, blasonata cantina che sorge all’ingresso del borgo antico di Riquewhir: con aria assolutamente teatrale, fingo di intendermi di vino e cerco di mettere a frutto quel che hanno tentato di insegnarmi al corso di degustazione. Fatica sprecata. La loro e la mia. Un vino bianco rimane un vino bianco e non mi riesce di spiccicare due parole in più per descrivere le sensazioni che mi regala contro il palato e lungo la gola.
Per non sbagliare, porto con me tutti e tre i bianchi di base: riesling, pinot grigio e gewurztraminer.
Insieme ai formaggi della vicina route de fromages, mi darfanno l’illusione di portare a casa un frammento di Alsazia.

© ph. V. Gabrini

© Viviana Gabrini, 2017

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