Eccomi

Il Sardo, quella domenica, si era svegliato con un pensiero molesto che lo pungeva come il cardo quando, da bambino, d’estate, si rotolava giù per la scarpata.

Il mercato era di solito un buon motivo che ancora, alla sua età, lo faceva muovere con un minimo di entusiasmo, intanto perché si teneva vicino al mare e questo lo metteva di buon umore, anche se si trattava di un mare diverso dal suo, in una città dove era arrivato per uno dei due motivi che, di solito, fanno muovere gli uomini stanziali come lui. No, non era stata la guerra, ma gli occhi di Giovanna che aveva sposato quarant’anni prima e che gli aveva dato tre figlie femmine.

Eppure, dopo tutto quel tempo il Sardo quella città immusonita e arrotolata su una striscia di mare cangiante, con di fronte una sagoma omologa ancora più ingrugnata, non l’aveva capita. Però, e questo lo sapeva bene, si capiscono le cose che si possono contenere e si vede che lui, piccolo e secco com’era, troppe cose dentro non le poteva ospitare.

Ma il mercato, l’unico impegno di lavoro che ormai si concedeva, gli piaceva, aveva sempre comprato e venduto oggetti antichi, ma anche roba di cui la gente si liberava con molta leggerezza e insofferenza, perché danneggiata o malfunzionante. A lui, da sempre riusciva il miracolo di questa cura riservata alle cose che, sotto le sue mani, sembravano riprendersi. Era sempre capace di intravedere un altro uso, da un pezzo, un particolare o un ingranaggio.

In breve, in quel mercato molto pomposamente pubblicizzato, ma, in sostanza, senza tradizione e organizzazione, era diventato un punto di riferimento, il suo era il banco più ricercato e, poco alla volta, il Sardo aveva aggiunto anche pezzi vintage, abbigliamento, dischi in vinile, fumetti e finiva per divertirsi sempre, oltre a guadagnare belle cifre che poi reinvestiva in circuiti di vendita on line, ormai collaudati. 

Ma quella domenica, il cardo pungeva un punto dell’anima che somigliava ad un presagio.

Erano passate da poco le undici, la gente aumentava, uscita dalla messa o invogliata dal bel sole che adesso riscaldava la città, battuta al mattino da un’impertinente tramontana, c’era quella luce esistenziale che lui non aveva mai visto da nessuna parte e che era, con Giovanna e il mercato, il motivo per cui tollerava la città.

Giulia arrivò nel momento in cui il sole giocava con lo specchio del carillon aperto e frantumava in minuscoli frammenti il riflesso dell’oleandro fiorito. Il Sardo vide solo un enorme involucro, poi dietro come trascinata, la ragazza.

E lì gli mancò il fiato.

Giulia era una sua cliente da un paio di anni, quando si avvicinava al banco l’aria sembrava suonare, ancora prima che aprisse bocca e che salutasse nel suo modo sempre uguale: “Eccomi”. Anche se non aveva nulla di mistico o di etereo, al Sardo quella parola che conteneva generosa disponibilità e uno slancio vitale infinito, faceva tornare in mente la Madonna che risponde all’ angelo dell’annunciazione, con la sicurezza innocente della fede e della grazia. Giulia non se ne andava mai senza comprare qualcosa e il Sardo le dedicava tempo e attenzione, perché lei chiedeva non il prezzo o meglio il valore, ma la storia di un vaso o di un giocattolo di latta o di un cappello. Portava via sempre qualcosa. L’ultima volta, prima del suo matrimonio, un mese prima, era euforica, aveva comprato due comodini degli anni ’50 che il Sardo aveva recuperato, restaurato e dipinto di un magenta particolare, come Giulia gli aveva chiesto. Lo aveva abbracciato, dopo avergli detto “Eccoli. Ora la casa è pronta”. Lui, seppure impacciato, l’aveva stretta come una delle sue figlie e le aveva augurato ogni bene.

Adesso di fronte a lui c’è l’ombra di Giulia, è più piccola di quel porta abiti che l’ha trascinata lì ed è muta lei e pure l’aria intorno. Apre la zip, tira fuori il vestito da sposa, il suo vestito da sposa. Il Sardo non vuole guardare, perché adesso riconosce il punto dove il cardo si è conficcato, ma l’abito è di una bellezza ingiuriosa, bianco nella luce di quella città incomprensibile.
Giulia sussurra “Eccolo. Non era quello giusto per me, ma lei saprà cosa farne”, si gira e piegata, scappa via.

©Eleonora Scrivo

Condividi: