È buio, qui

Image: Anaterate


È buio, qui. E c’è un sacco di silenzio, adesso. Prima, no. Prima c’erano tutti quei rumori, e quegli urli. Mi davano fastidio, quegli urli. Mi rintronavano nella testa, anche se mettevo le mani sulle orecchie. Ho provato a dirgli di smettere, ci ho provato, ma non è servito a niente. Continuavano a urlare, e urlare, e urlare. Specialmente la donna col grembiule. Lei era la peggiore, faceva degli strilli che mi facevano male alle orecchie.

Mi ha sempre dato fastidio il rumore. Tutti i tipi di rumore.
Quando nella casa verde tagliavano l’erba andavo a nascondermi sotto il letto, con il cuscino sopra la testa, che poi il dottore mi sgridava perché l’avevo sporcato, il cuscino. Ma io non lo facevo apposta a sporcarlo, non è mica colpa mia se non puliscono sotto i letti, che quando il cuscino tocca il pavimento si sporca tutto. Gliel’ho detto, al dottore e lui si è messo a ridere e ha detto non hai mica torto. Era simpatico, il dottore. Mi è spiaciuto quello che è successo, ma non è stata colpa mia. È stato Eric.

Perché Eric è cattivo, non solo con me, anche con gli altri. Una volta ha tirato le orecchie così forte a Maddalena che lei si è messa a piangere e non la finiva più, e ha avuto le orecchie rosse per un sacco di tempo. Così quando Eric mi è venuto dietro di nascosto mentre ero a tavola con gli altri e ha fatto scoppiare il palloncino, ho fatto un salto che il cuore mi batteva fortissimo. Ero in piedi e avevo la zuppiera grande in mano, perché mi stavo prendendo la pasta per mangiare. E quando mi sono girato di colpo con la zuppiera in mano ho preso Eric proprio sulla faccia, che gli sanguinava tutto il naso.
Però poteva finire lì, se lui non mi diceva tutte quelle brutte cose. Tutto subito mi sono anche messo a ridere, perché era buffo, con tutti i maccheroni che gli colavano giù dal camice. Credo che è quello che l’ha fatto arrabbiare ancora di più, che ridevo. Quando mi è venuto addosso ho avuto paura che mi tirava le orecchie anche a me, e mi sono accucciato per terra. Poi non mi ricordo bene, ma alla fine avevo ancora in mano un pezzo della zuppiera, perché quando ha sbattuto contro il naso di Eric è caduta e si è rotta. E quel pezzo che avevo io era tutto rosso, ma non solo di pomodoro, non capivo come mai. Intorno tutti si erano alzati da tavola e nessuno mangiava più. Poi ho visto Eric lì disteso, con gli occhi aperti e la bocca che si apriva e si chiudeva, come i pesci rossi dell’acquario che c’è all’ingresso. E tutto quel sangue che gli usciva dalla gola e si allargava sulle mattonelle bianche. Ho visto i maccheroni tutti sparsi per terra e avevo lo stomaco che brontolava, ho pensato che peccato, poi ho guardato l’orologio sul muro e ho pensato ecco, adesso non riuscirò più a mangiare, perché è passata l’ora e di sicuro non c’è più tempo per fare i maccheroni nuovi.
Intanto tutti hanno iniziato a urlare, e c’erano sedie rovesciate e porte che sbattevano, un rumore così forte che non riuscivo a sopportarlo. Così sono scappato in giardino. Avevo le mani sulle orecchie, ma sentivo lo stesso.

Era buio, fuori, ma io il giardino lo conosco bene, perché qualche volta aiuto a raccogliere le foglie secche e l’ho girato tutto, dall’entrata sulla strada fino al fosso. È così che ho scoperto che dove il fosso gira c’è un buco nella rete. Allora, quando ho sentito che mi chiamavano e urlavano forte sono passato da lì e sono andato via di corsa, su per il sentiero. C’era la luna e vedevo abbastanza bene dove mettere i piedi. Sono caduto una volta sola, ma perché mi sono inciampato in una radice.
Quando sono stato un po’ lontano, sulla collina, mi sono voltato a guardare la casa verde dall’alto. Era tutta illuminata e c’era un sacco di gente che correva avanti e indietro. Credo che urlavano e forse mi chiamavano, ma per fortuna ero lontano e non sentivo bene. Mentre guardavo giù, sullo spiazzo davanti all’ingresso sono arrivate due macchine della polizia, con le luci blu che giravano e illuminavano di blu il portone e anche i camici dei dottori e degli infermieri. Ma Eric non l’ho visto. Allora mi sono preso paura e sono scappato di corsa in mezzo agli alberi, più forte che potevo.

Quando sono arrivato qui avevo corso tanto che mi faceva male a respirare e avevo tanta sete. Così quando ho visto vicino alla casa il rubinetto con la pompa dell’acqua ero contento. Avevo già finito di bere e stavo per andare via, quando è arrivata la donna col grembiule e appena mi ha visto ha cominciato a urlare. Io le ho detto di smettere, ho anche chiesto per favore, ma lei continuava. Quando è entrata in casa le sono andato dietro e sono entrato anch’io, ma era meglio se non lo facevo. Dentro c’era un vecchio, su una carrozzina, come quelle che alla casa verde danno a quelli che non possono camminare. Di fianco a lui c’era anche una vecchia, con in mano quella specie di bastone con due manici, che non mi ricordo come si chiama, e schiacciava la pasta sul tavolo. Aveva le mani tutte bianche di farina, come la cuoca della casa verde quando fa la pasta speciale per i dottori.
Solo che lei, quando mi ha visto, quel bastone l’ha alzato dritto davanti alla mia faccia. Le tremavano un po’ le mani, quel coso si muoveva e spargeva la farina tutta in giro, ma lei non ci faceva caso. Mi ha guardato con gli occhi grandi e ha cominciato a urlare anche lei, fortissimo.

Matterello, si chiama, ecco, me lo sono ricordato. Che quando la cuoca lo chiamava così, alla casa verde, lo guardava, poi guardava me e rideva, scuotendo la testa. E diceva qualcosa come il nome giusto al posto giusto, così rideva anche la ragazza che l’aiutava in cucina. Ma non ho mai capito perché.
Insomma la vecchia con il matterello gridava forte anche lei, come la donna col grembiule. E adesso anche il vecchio. Ma lui solo un po’, veramente, aveva la bocca tutta storta e non faceva tanto rumore, ma le due donne sì. Urlavano e urlavano e indicavano il mio vestito, tutto sporco di rosso. Io volevo dirglielo, che di sangue ce n’era poco, che era quasi tutto sugo dei maccheroni, ma loro continuavano a urlare e io non riuscivo a parlare, non riuscivo neanche a pensare le parole da dire. Stavo lì in piedi, con le mani sulle orecchie e gli occhi chiusi stretti e mi dondolavo, prima un piede poi l’altro, come faccio sempre quando qualcosa non mi piace. Solo che a un certo punto sono scivolato e ho fatto uno scatto di fianco, e proprio in quel momento ho sentito tantissimo male tra il collo e la spalla. Ho aperto gli occhi e ho visto la vecchia con la faccia arrabbiata e quel matterello in mano, che voleva darmelo addosso di nuovo. Allora gliel’ho preso e l’ho dato io in testa a lei, così impara.
È caduta subito e ha fatto un verso strano, ma non ho sentito bene, perché la donna col grembiule e il vecchio urlavano ancora più di prima. Ma quando lei si è chinata sulla vecchia in terra e ho picchiato anche lei sulla testa ha smesso subito. Allora il vecchio ha cercato di muovere la carrozzina con le mani, ma scivolava sul sangue. Lui almeno non urlava più. Tremava tutto, guardava me e poi le ruote della carrozzina, e poi di nuovo me, diceva parole che non capivo e faceva un verso come fanno i cani quando hanno paura. Intanto le mani scivolavano sulle ruote e la carrozzina si muoveva solo un po’ di qua e di là, ma restava lì. Quando mi sono avvicinato per capire cosa diceva, lui mi ha guardato con la bocca aperta, ma non urlava più. Sembrava che non riusciva a respirare bene. Si è toccato la gola con una mano, mentre con l’altra cercava di muovere la ruota, poi di colpo ha lasciato andare giù le braccia, ha piegato la testa, è scivolato per terra ed è rimasto lì, con la bocca aperta e la lingua mezza di fuori.

Mi sono accorto che avevo ancora in mano il matterello solo quando mi è caduto e ha fatto rumore sul pavimento di legno, un bam così forte che mi ha fatto sussultare. Tutto di colpo mi sono sentito stanco, tanto tanto stanco. Così ho spento la luce e mi sono seduto sulla carrozzina, a dondolarmi un po’.
Adesso è tutto buio e c’è un bel silenzio, si sente solo il rubinetto della cucina che gocciola. Però non mi dà fastidio, mi tiene compagnia.

©Euro Carello

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