Sulla sua sedia

Edward Hopper

C’è sempre una rosa sulla sua sedia.
Ogni giorno sua sorella gliene depone una nel posto dove sedeva ogni giorno, di fronte a lei.
Parlavano.
Si raccontavano di com’era andata la giornata, di quante persone avevano incontrato.
Una sera sua sorella gli aveva parlato di lui.
Gli occhi brillavano mentre raccontava.
La gioia che provava nel vedere sua sorella così.
Poi era capitato qualcosa.
I racconti si erano come offuscati.
Negli occhi di sua sorella era apparsa una sorte di incrinatura, come se avesse visto un che di indicibile.
Quell’ alone viola sulla guancia era apparso una mattina di maggio.
Le aveva chiesto ragioni.
Non gliene aveva date.
Continuava a parlare di lui ma sentiva nella voce di sua sorella una nota falsa, come se non avesse più parole per mentire.
L’alone viola si era preso anche la bocca, gonfiando le labbra.
L’aveva supplicata di smetterla di vederlo.
E così aveva visto il terrore piombare addosso alla ragazza con la quale aveva condiviso la vita.
Aveva fatto solo no con il capo.
Si era illusa che quel no fosse la promessa di non frequentarlo più.
Anche oggi appoggia la rosa sulla sedia e resta a guardare il vuoto.
Anche se fossero nate rose qualcuno le avrebbe recise.
Avrebbero dovuto nascere aquile per volare alto, nel cielo.
Invece erano nate donne per morire da donna.

©Barbara Garlaschelli

Condividi: