Pigmenti

Il ragazzo era moderatamente emozionato, in casa c’era tensione ma i genitori cercavano di mantenere un clima gioioso di festosa attesa.
La mamma aveva speso molti soldi per un vestito nuovo, a dir la verità anche piuttosto pacchiano, una specie di tunica appesantita da paillettes scoppiettanti che aveva visto su una rivista, indossato da
un’attrice francese di vent’anni più grande. E comunque forse non era neanche lo stesso modello. Il padre aveva storto il naso per la cifra esagerata che Claretta aveva buttato via per un vestito da cerimonia, veramente un’inutile emorragia di denaro e da qualche giorno camminava per casa sospirando in silenzioso dissenso e alzando gli occhi al cielo ogni volta che intercettava lo sguardo della moglie.
Italo era un uomo pratico, poco avvezzo alle formalità, solido, pragmatico, grande lavoratore e privo di fantasia.
Il ragazzo si preparava pigramente alla prova pratica che stava per affrontare, ripeteva testi a memoria, allenava l’ugola.
Schiena dritta, camminava impettito per casa ritmando mentalmente i passi che però davano più l’impressione di eseguire un passo dell’oca.
Non ce la farà, sentenziava Claretta nel profondo del cuore, non è abbastanza disciplinato, ha la testa da matto lui, la fantasia, va appresso ai fumetti, alle distrazioni.
Quanti ne trovava nascosti sotto il letto, nell’armadio disordinato, tra i libri di scuola, tutti quei fumetti, quelle operette sciocche per futuri barboni senza lavoro. Povera creatura, non ce la farà.
«Littorio resta concentrato, io l’ho fatto due anni fa l’esame e ti assicuro che ce la puoi fare» affermava il cugino Romano che era stato incaricato di preparare il ragazzo per l’esame, «riprova a elencarmi le feste nazionali della Repubblica, in ordine alfabetico, non di data. Per favore, concentrati.»
Littorio era svogliato, dopo ore di domande assurde e risposte che non seguivano la sua logica, il ragazzo era stufo e annoiato.
«Anniversario della liberazione d’Italia va sotto la lettera L o la lettera I? Perché ci sarebbe l’Anniversario dell’Unità d’Italia che…»
«No! Ti ho detto che quella è stata abolita e ti prego, vedi di non dimenticare la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate stavolta, che vale più punti di tutte.»
Romano era stanco quanto Littorio. Demotivato e abbastanza sicuro che il cugino non ce l’avrebbe fatta, trascinava la sua mente esausta in quell’interrogazione da ore, mentre Littorio non sembrava neanche interessato a passare l’esame.
L’esaminatore avrebbe capito subito che il ragazzo era svagato, un sognatore, uno con la testa per aria. Avrebbe guardato le mani sporche d’inchiostro e avrebbe capito tutto di lui. Ma chi scrive più
con la penna? Chi disegna su carta, cioè carta di carta intendo, chi?
La gente strana.
Littorio aveva imparato a scrivere correttamente a mano, senza l’ausilio di un programma di scrittura che correggesse gli errori ma non era intenzionato a studiare con serietà le cose importanti che gli avrebbero permesso di passare l’esame e quindi di accedere a una vita meravigliosa, una stabilità, una tranquillità economica un giorno.
Romano insisteva per amore di zia Claretta, sorella della madre «usi e costumi degli italiani nel… vediamo, nel Seicento.» Sul tavolo era posizionato un computer portatile aperto sul sito del Ministero dell’Italica Istruzione, la luce del monitor si rifletteva sul volto inespressivo del cugino poco più grande, capelli biondicci, occhi piccoli piuttosto ravvicinati e quegli zigomi pronunciati che lo facevano sembrare già vecchio. La verità è che non gli interessava affatto che Littorio passasse l’esame, anzi, gli era diventato
antipatico negli anni. Da piccolo era bello essere il cuginetto grande di un bimbetto simpatico e adorante al quale raccontare le avventurose esperienze da ragazzino grande. Ma erano passati gli anni delle avventure insieme, i giochi in campagna, le zuffe con i bambini del quartiere risolte grazie all’autorevolezza del cugino grande. Oggi Littorio si giocava il futuro, la possibilità di restare a
vivere nel Paese dove era nato, dove aveva cominciato il suo percorso scolastico, nel quale vivevano tutte le persone che amava.
Eppure, il ragazzino sembrava del tutto indifferente alla prova che era chiamato ad affrontare e ciò era veramente irritante.
«Allora, interrompiamo la parte riguardante “usi e costumi italiani dagli antichi romani a oggi” e passiamo a un argomento più divertente. Littorio, scegli tu: “sagre tipiche italiane” o “prodotti tipici gastronomici italiani”?»
«Ma a me piace Guglielmo il Conquistatore, sai, l’avvento della monarchia feudale in Inghilterra, Guglielmo I sconfisse e uccise il re anglosassone Aroldo nella battaglia di Hastings, è una figata!»
«Sì ma non ci interessa, se vuoi la cittadinanza italiana devi superare l’esame che il Ministero dell’interno ha stabilito per tutti i ragazzi della tua età. Dimmi quali sono i prodotti tipici della Calabria e
almeno una ricetta, forza, concentrati.»
«Posso dirti la ricetta della pozione di Panoramix, l’ho letta in un numero speciale di…»
«Non sarà materia d’esame Littorio, lo vuoi capire che non devi perdere tempo a leggere? Devi conoscere le tradizioni, le sagre, le ricette, i santi patroni, tutte le cose davvero importanti della Patria, altrimenti ti caricano con tutti gli altri asini come te che si perdono dietro libri e giornalini e ti portano via. Non sei preoccupato? Pensa a tua madre che ha già comprato il vestito per la cerimonia, pensa a tuo padre che lo ha pagato, pensa a me che ti sto aiutando a studiare da un mese!»
Littorio aveva provato a concentrarsi sui test d’esame aiutandosi col pensiero che fossero pur sempre libri e a lui quegli oggetti piacevano moltissimo, ma proprio non riusciva ad appassionarsi agli argomenti e finiva sempre per ripiegare su altre letture.
Tanti anni prima, alcuni strani saltimbanchi furono eletti presentando un bizzarro programma elettorale che prevedeva un esame di cittadinanza per i richiedenti asilo. Il pubblico elettorale che votava tramite televoto, comodamente da casa, sembrò comunque tiepido davanti a questa lodevole iniziativa, assegnando ai simpatici giocolieri una preferenza appena sufficiente a conquistare la maggioranza dei seggi in Parlamento, quindi il segnale fu colto dai volenterosi politici che decisero di imporre l’ostacolo
dell’esame per la cittadinanza anche ai bambini nati in Italia da genitori originari di altri Paesi.
Il consenso crebbe molto, i televotanti firmarono un referendum confermativo e furono elettrizzati all’idea di seguire in tv le cronache riguardanti i giovani semi-italiani che davano esami su argomenti basilari come sagre e cibi tradizionali regionali.

Furono creati giochi da tavolo e vario merchandising, per diversi anni la televisione trasmise un game show, Ok, Il Nero è Giusto! nel quale si testavano le conoscenze dei bambini e il vincitore della
puntata vinceva una cittadinanza, che spettacolo! Il game show fu così apprezzato che venne creata una formula “super campioni” con tutti i bambini più bravi che si contendevano una cittadinanza per
da regalare a qualcun altro e chi ha l’età per ricordare riuscirà ancora a sentire l’eco del pubblico che incitava il concorrente a rispondere al domandone d’oro, il centesimo: Cento! Cento! Cento! urlavano in
studio e anche da casa.
Poi arrivò il reality, Il contadino senza moglie dove dieci ragazzini venivano accompagnati nella casa di un agricoltore scapolo e dovevano imparare a pulire, preparare da mangiare e aiutare il padrone di casa, muti ed efficienti come avrebbe fatto una brava moglie sottomessa, per ogni sgarro la penalità era di cinque frustate, insindacabilmente assegnate dall’agricoltore stesso: il vincitore poteva restare in Italia a lavorare nella fattoria, legalmente in nero.

Dopo una decina di anni, il pubblico votante si accorse che i Saltimbanchi stavano portando avanti politiche poco sagge e quindi cominciarono a manifestare un certo malcontento, così venne lanciata l’ennesima modifica alle politiche sull’immigrazione che tanto appeal avevano sul popolo e non mancavano mai di risvegliare i dormienti da salotto, quelli che tendevano ad addormentarsi
davanti alla tv invece di partecipare responsabilmente ai sondaggi e alla normale attività democratica della nazione. Nacque così il Quizzone di Cittadinanza Unico, il QCU, ovvero l’esame obbligatorio di italianità per tutti, ma proprio tutti, anche i bambini nati da genitori italiani, con nonni italiani, avi italiani, sognati da animali preistorici che calpestarono il suolo italiano, nel progetto di
Dio, un dio italiano.
Le domande avrebbero stabilito il diritto alla cittadinanza secondo il principio che se vuoi essere italiano devi dimostrare conoscenze di base che attestino un diritto, non dinastico, bensì in base al merito.
Per cercare di conquistarsi le simpatie degli esaminatori, i genitori cominciarono a scegliere nomi evocativi per i propri figli e alcuni sondaggi attestarono una solida correlazione tra i nomi Edda,
Adolfo, Rachele, Benito e Littorio e un esito favorevole del test.
I candidati venivano interrogati:
“sulle tradizioni popolari più rinomate”,
“sulle sagre tipiche italiane”,
“sulla festa nazionale della Repubblica”,
“sugli usi e costumi italiani dagli antichi romani a oggi”,
“sulle festività nelle diverse regioni”,
“sui prodotti tipici gastronomici italiani”.
Littorio venne accompagnato davanti alla commissione.
Recitò molto bene il detto “passata la festa, gabbato lu santo” guadagnando 10 punti, fu in grado di ballare “Il ballo del qua qua” che passava erroneamente come pizzica e gli vennero accreditati
altri 7 punti più un bonus per lo sculettamento esatto, inciampò sulla preparazione di un primo piatto che non prevedeva la pancetta ma il guanciale e gli furono decurtati 3 punti, ahia! Ricordò perfettamente alcuni usi degli antichi romani grazie alla sua passione per la Storia e vinse un jolly, ma si confuse sulle festività di un piccolo comune di Crotone e crollò su L’Inno Lega Nord inciampando nella strofa
“Sei mare, sei terra
Sei pane, sei Dio
Dio PANE padano!”

Povero Littorio, distrattamente trasformò l’ultima frase in una bestemmia.
Furono subito avviate le pratiche per l’espatrio forzato del distratto ragazzino che non aveva affrontato la prova con la necessaria serietà.
Prima di uscire dall’aula si girò verso la commissione giudicante, si bloccò in atteggiamento estatico e chiese
«È perché ho il morbo di Addison, vero?»

Nota.
Gli argomenti sui quali verte l’esame del racconto sono stati realmente proposti
dalla Lega come emendamenti alla proposta di legge sullo ius scholae del 2022.
Tali emendamenti proponevano di subordinare la cittadinanza allo svolgimento
di prove scritte o orali su quei temi.
L’inno della Lega Nord esiste davvero.

©Ale Ortica

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