Ma dove vado se parto? [6] di Anna Bertini

Lo sfigato della Cadillac

 

Georgie passa con la Cadillac cobalto bollosa di ruggine, la cintura di strass, il basso elettrico buttato sul sedile dietro, la capotte aperta, gli occhiali bianchi da sole coprono il suo sguardo anche quando piove. Si ferma in fondo alla strada sterrata dove termina la fila di villette ancora in costruzione. All’ultima abita il più grande produttore di musica country-rock della zona. Deve riuscire a parlarci prima o poi. Maremma stramaledetta impestata ladra. È per lo meno la quarta volta che si avventura in quella periferia polverosa tutta in costruzione, metà miracolo economico metà speculazione edilizia, a perdita d’occhio cantieri edili e in fondo il bosco.

Quel giorno Celia trascina il suo Bobino fino al cancello della villetta; l’orsetto di pezza spelacchiata sta seduto dentro un carretto a quattro ruote.
«Vieni Bobino, andiamo a vedere la migrazione delle api, vieni con me… Loro migrano di questi tempi. Bobino vedrai come sono carine quando migrano tutte impegnate a tenere la rotta, il cielo nero e giallo, andiamo!»
Suo padre è a casa nel pomeriggio, telefona seduto sugli scalini davanti alla porta di ingresso. La capofila delle villette del cantiere è senza dubbio meglio rifinita rispetto alle altre, molte delle quali non sono neppure abitate; mancano gli infissi, la porta di ingresso, la piastrellatura dei cessi, la caldaia. La loro è decisamente a buon punto, a parte la facciata laterale non ancora intonacata e il giardino che pare un campo di battaglia.

Georgie vede la ragazzina in camicia da notte, pensa cosa ci fa in mezzo allo sconquasso, tra le barre d’acciaio, il calcestruzzo, i secchi di vernice, la taglierina per la ceramica? Sta sola con il teddy-bear nel carretto e magari cade su un tondino d’acciaio e si passa da parte a parte un ginocchio…
Poi dietro a lei che si avvicina al cancello scorge Mr. Producer John Bondi. Oh minchia, questa è la volta buona proprio la volta buona! Adesco la ragazzina vedo di farmi portare da lui.
Sterza la Cadillac su uno spiazzo ed esce fuori, si avvicina alla villetta.
«Come ti chiami? Io sono Georgie suono in un complesso…»
«Io sono Celia. Togliti che non vedo la migrazione delle api se stai davanti al cancello!»
«Cos’è che non vedi?»
«L.E.A.P.I. Io e Bobino vogliamo vedere la migrazione, e tu? Sei un altro di quei falliti che vengono a cercare papà?»
«No, ci mancherebbe, sono qui per le api anche io, ovviamente.»
«Bene, papà dice che vengono gli sfigati a cercarlo a casa e fanno finta di aver sbagliato strada. Ti intendi di api?»
«Abbastanza.»
«Mi sai dire dove migrano? Hanno delle rotte come gli uccellini?»
«Senti Celia ma quanti anni hai?»
«Dieci e mezzo, e non cominciare con le solite palle: parlo come un libro stampato, sono troppo grande per avere ancora un Bobino e un carretto, non si tiene la camicia da notte fino al pomeriggio e altre osservazioni simili.»
«Figurarsi… anche io sto molto in pigiama nel pomeriggio, siamo uguali in questo. Per quanto riguarda le api, in genere seguono le rotte dell’aeroporto…»
«Sicuro? Vuoi dire che vanno dietro agli aeroplani?»
«Più o meno…»
«Da qua non le vedrò mai, gli aerei passano dietro il bosco.»
«Se arrivi alla Cadillac nello spiazzo, da là forse riesci a scorgere lo sciame; è enorme e si può notare come il cielo si fa scuro…»
«Facciamo così io ti faccio entrare tu parli con papà, non gli dico che sei uno sfigato venuto a cercarlo ma che sei qui per le api. Tu mi accompagni fuori allo spiazzo e mostri dove passa lo sciame; quando torniamo obbligo papà a starti a sentire, va bene?»
«Dai Celia proviamo, mi sembra un’ottima strategia…»
Sta andando tutto nel verso giusto pensa Georgie, che gran culo. You made my day piccola.

«Ehi Dad, qui c’è uno che è venuto per le api non per te… è travestito da rock, ma dettagli, posso farlo entrare un momento? Deve chiederti una cosa… Sentilo dai deve farmi un favore… Anche se fosse un vero fallito di quelli che vengono sin qua, almeno è disposto ad aiutarmi con le api!»
John Bondi vede Georgie aggrappato al cancello con il sorriso stampato; lo saluta oscillando il braccio. Sta ancora telefonando, si interrompe giusto per chiedere a Celia di ripetere. Celia si avvicina al padre.
«Non puoi smettere un attimo di telefonare papà, ti ho detto qualcosa!»
Bondi chiude la conversazione e mette il cellulare nella tasca mezza strappata del suo chiodo.
«Non mi faccio comandare da te Celia, adesso mi hai innervosito. Cos’è questa storia delle api? Non vedi che quello ti sta prendendo in giro, un Elvis dei poveri cosa vuoi che ne sappia di api. Qua passano solo betoniere e netturbini!»

A Georgie arrivano le parole di John Bondi amplificate dal gioco di vuoti delle villette deserte fino al cancello. Il sorriso stampato muore sulle labbra e diventa un’espressione di disagio. Decide di entrare.
«Buonasera John, mi scusi, ma io sono qui giusto per portare Celia a vedere la rotta dell’aeroporto, mi permette di accompagnarla nello spiazzo davanti? Nessun problema ci avrà sott’occhio. Pochi minuti e la riaccompagno, la lascio entrare nel cancello e me ne vado subito.»

Georgie pensa che non ha bisogno di essere umiliato da John Bondi. Lo sa che rimarrà sempre un Elvis dei poveri con la Cadillac bollosa, un misero bassista delle periferie. Tanto vale essere gentile con Celia e Bobino. Preferisce il loro mondo fatto di api che migrano e pomeriggi in pigiama. Prende la bambina per mano e si avvia sull’acciottolato.

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©Anna Bertini, 2018

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