L’angelo del silenzio

Dorn: È volato l’angelo del silenzio.

In un saggio dal titolo Il silenzio, il drammaturgo e poeta belga Maurice Maeterlinck sosteneva che “l’uomo teme l’assenza di suoni, perché essa fa presagire la morte, e per questa ragione consumiamo moltissimo tempo nel produrre suoni senza senso. Sull’odio per il silenzio si basano molti rapporti umani d’amicizia e d’amore.” Cechov sembra applicare fermamente il principio maeterlinckiano secondo il quale l’essere umano per paura del vuoto di suoni ne produrrebbe moltissimi senza senso. Principio, sia detto per inciso, che informerà la maggiore rivoluzione teatrale del Novecento, la drammaturgia di Samuel Beckett, di cui Cechov è creditore con alto tasso di interesse. Le creature di Cechov dialogano senza rispondersi, sembrano impegnate in una danza sonora di a-parte che si intrecciano (e questo sarà evidentissimo in Tre sorelle e ne Il giardino dei ciliegi), e che talvolta collidono in dialoghi rarefatti, ma che altre volte si disperdono in una sorta di cortocircuito dei suoni producendo silenzi spontanei, pause nell’ansia di esistere, giacché le creature cechoviane esistono in quanto parlano, come i personaggi dei poemi dell’aedo Omero, e non al contrario parlano in quanto esistono.

La parola in Cechov non è soltanto un dire è un dare che però nessuno è più in grado di ricevere. Soltanto nel silenzio le creature si incontrano, unite dalla condivisione dell’assenza di suoni, che non può essere che il risultato di una unica azione condivisa, la non-azione della copertura che la parola produce, ricordate, la parola come velo di Holderlin. Il silenzio è perciò dono angelico, che etimologicamente deriva dal greco angelos, cioè messaggero. Ma quale messaggio porta l’angelo del silenzio? Un messaggio ermetico.

Nell’antica Grecia Ermes, il messaggero degli dei, era anche considerato il protettore del silenzio, e persino nella nostra lingua il sostantivo ermetico, allude ad un qualcosa di poco espresso, ad un significato da scorgersi al di là del significante quantitativamente esiguo. Ermes abita i confini e proprio sui confini gli antichi greci ergevano erme in suo onore. Ermes facilita gli scambi tra ciò che è familiare e ciò che è estraneo, è il dio del perturbante.

L’ermetico silenzio cechoviano, prodottosi dopo il do di petto del tenente in congedo Shamraev, all’inizio de Il Gabbiano è segno carico di senso, messaggio che invita i presenti ad una maggiore consapevolezza, che induce all’ascolto delle proprie, silenziose, istanze interiori, delle proprie ansie segrete, suono mancante che rende udibile l’invisibile trama del tempo.

©Matteo Tarasco

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