Il Gabbiano e l’inizio di una nuova epoca

Il debutto de Il gabbiano al Teatro d’Arte è previsto per il 17 dicembre. L’atmosfera che si respira nel nuovo teatro privato moscovita non è delle migliori. Il Teatro d’Arte ha aperto i battenti il 14 ottobre 1898, una zingara ha suggerito a Stanislavskij questa data dicendogli che il suo teatro avrebbe avuto fortuna se fosse stato inaugurato quella sera. Il primo lavoro rappresentato è Zar Fëdor Iannovic di Aleksej Tolstoj, grande successo di pubblico e di critica, ma, ciononostante, gli incassi non sono eclatanti. Questo promettente debutto è seguito da tre insuccessi di fila: il 21 ottobre debutta Il mercante di Venezia di Shakespeare, Stanislavskij fa recitare all’attore Dansky la parte di Shylock con accento ebreo e il teatro viene accusato di antisemitismo. Il 30 ottobre La Dodicesima notte è accolto male. Il 2 dicembre La locandiera di Goldoni è un disastro.

Dopo sole sei settimane di attività il Teatro d’Arte sembra già in crisi. Nonostante le paghe degli attori, anche quelli anziani, siano le più basse di tutti i teatri privati russi, le prime ristrettezze economiche si cominciano a far sentire, in parte per i mancati incassi al botteghino, e in parte per le dispendiose scenografie che cambiano per ogni spettacolo, a differenza di tutti gli altri teatri privati che usano scenografie intercambiabili. I ventottomila mila rubli che Stanislavskij è riuscito a racimolare per avviare l’attività iniziano a scarseggiare.

Tutti sperano in un successo de Il gabbiano. Stanislavskij chiede a Nemirovich-Dancenko di rinviare il debutto per poter provare ancora. Nemirovich rifiuta. Se lo spettacolo deve debuttare in quelle condizioni allora Stanislavskij pretende che il suo nome come regista venga tolto dalla locandina. Nemirovich rifiuta anche questo. La sera del 17 ottobre, prima dell’apertura del sipario, la tensione è palpabile. L’intera compagnia odora di valeriana, il sedativo di moda in quel periodo.

La sera del 17 dicembre 1898, la sala del Teatro D’Arte di Mosca è piena, ma Cechov non c’è, si torva a Jalta, “come Dreyfus nell’Isola del Diavolo”, prigioniero forse della paura di un nuovo insuccesso, oltre che della tisi che lo costringe a tenersi lontano dalle gelide temperature moscovite. Il clima della Crimea è dolce e Anton Pavlovic si addormenta. Nel cuore della notte gli viene consegnato un telegramma da Mosca, è firmato Nemirovich-Dancenko, Stanislavskij, Ol’ga Knipper. Cechov lo apre lentamente e legge: “Abbiamo appena finito di recitare Il gabbiano. Successo colossale. Il dramma ha entusiasmato fin dal primo atto, passando poi di trionfo in trionfo. Applausi senza fine. Alla mia dichiarazione, dopo il terzo atto, che l’autore non era in teatro, il pubblico esigeva di mandarti un telegramma a nome suo. Siamo pazzi di felicità.” Ma se la “Scilla” del pubblico è superata, rimane ancora la “Cariddi” della critica. I giornali di Mosca non arrivano nelle edicole di Jalta. E Cechov deve aspettare. Finalmente nel pomeriggio del 18 dicembre arriva un nuovo telegramma di Nemirovich-Dancenko: “Tutti i giornali con sorprendente umanità definiscono splendido, strepitoso, enorme, il successo de Il gabbiano.” Il più grande successo personale è quello di Ol’ga Knipper, che – con i suoi ventotto anni, ben quindici in meno dell’Arkadina – riesce ad infondere al personaggio uno charme tutto particolare, nonostante reciti con la febbre alta. Le successive due repliche de Il gabbiano vengono annullate per un’indisposizione proprio di Ol’ga Knipper. La “sfortuna” sembra accanirsi.

Cechov infatti per due serate perde i suoi diritti d’autore che corrispondono al dieci per cento dell’incasso e, considerando che il teatro era tutto esaurito, la perdita non è di poco conto, soprattutto se pensate che Anton Pavlovic deve pagare l’affitto di una intera palazzina nel centro di Mosca dove vive con la famiglia, l’affitto della dacia di Melichovo, le spese per sostenere una scuola per i figli dei contadini sempre a Melichovo e inoltre sta facendo costruire un piccolo ospedale nel distretto di Autka. Ma la ristrettezza economica – cui Cechov è ormai abituato – sembra ora pesare meno. Finalmente, dopo le delusioni teatrali del 1889 e del 1896, Anton Pavlovic è ripagato da un clamoroso successo… e qui finisce la storia del primo volo de Il gabbiano.

Finisce con l’inizio di una nuova epoca, forse l’inizio del teatro contemporaneo fondato su un doppio legame: tra Cechov e il Teatro d’Arte di Mosca, che allestirà tutte le sue opere maggiori, e tra Cechov e l’attrice più importante di quel teatro, Ol’ga Knipper, che diventerà sua moglie il 25 maggio del 1901. Ma questa è un’altra storia.

©Matteo Tarasco

Condividi: