Gli involuti [9] di Anna Martinenghi

PRESENTE IMPERFETTO E FUTURO ANTERIORE

«L’acqua non scende più» disse lei. Fu un sospiro.
«Stanno arrivando».
Lo pensarono entrambi.
Tacquero.
Toccava a loro.
«Quanto tempo ci resta?».
Rimaneva poco cibo, qualche pacco di minerale.
Erano inchiodati in quell’appartamento da settimane, come le porte e le finestre.
Luce e connessione andavano e venivano. Negli ultimi giorni venivano molto poco.
Ora l’acqua. Voleva dire una sola cosa.
«Potremmo scappare» disse lei.
Un altro sospiro.
Lui abbassò il viso e si toccò il collo. La ferita pulsava ancora sotto la garza.
Servono dei punti, pensò lei, ma riuscì solo a dire: «Ti fa ancora male?».
Lui non rispose.
Il ricordo del morso lo ossessionava.
Non era più andato al lavoro dopo quella mattina.
Non ci andava più nessuno.
Erano ovunque ormai.
«Vogliono la casa, il cibo».
Lei aveva paura. Lui li aveva visti.
La bocca spalancata del vecchio non gli dava tregua.
Non c’erano più denti, solo i perni delle protesi.
Gli era saltato alla gola. E aveva stretto. Una belva.
«Era Carlo. Ti rendi conto? L’ho riconosciuto. Sono sicuro. Ha lavorato una vita dal benzinaio in fondo alla strada».
Già, il lavoro. Non ce n’era per i giovani, figurarsi per i vecchi.
Niente lavoro, niente pensione, niente assistenza sanitaria.
Chi li aveva si era venduto anche i denti in ceramica per farci qualcosa.
Senza soldi si era fuori.
I vecchi si ammucchiavano nelle stazioni, nelle piazze, sotto i ponti, con la sola forza della moltitudine disperata.
Le case venivano espugnate, una a una.
Toglievano l’acqua, davano fuoco alle porte.
La città moriva.
I vecchi non avevano niente da perdere.
«Carlo era gentile, mi sorrideva sempre quando ero bambino».
Lei cominciò a piangere.

© Anna Martinenghi, 2016

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