IL ROMANZO DEL MAGISTRATO
Questa pubblicazione a puntate scioglie un destino. E’ il primo romanzo che ho scritto, il romanzo che chi mi conosce aspetta che sia pubblicato perché – pare – la trama piace. Il romanzo finora bloccato: qualcosa si mette sempre in mezzo. E’ ora che queste parole escano e si lascino leggere.
Quando esiste un blocco, Luce ed Energia lo forzano e dissolvono le ostruzioni. Uso quindi Luce ed Energia e dono “il romanzo del magistrato” a puntate ai miei lettori in Sdiario.
E il blocco si scioglie, voilà.
Capitolo 31
Raccoglievano bicchieri e piatti di carta dal bordo della piscina, lanciavano i rifiuti in un sacco nero.
– Guarda quanto hanno mangiato quei bambini! Sai quante erano le torte?
– Solo i bambini, Giuliano? Anche tu ti sei dato da fare. Le tre fette di torta alla frutta che hai fatto sparire non sono passate inosservate, credimi.
– Tre? Esagerata, erano fette piccole. Da bambini. Che male vuoi che faccia la torta alla frutta, è tutta frutta con un po’ di zucchero. E poi ho smaltito in piscina, ti sembro grasso?
– Non sei grasso, ma un po’ di pancia si vede.
– Pancia? Ma dove? Non ti piaccio?
Pizzicò con le dita l’addome e i fianchi.
– Credi davvero che sia ingrassato?
– Non so, le tue donne cosa dicono?
– Ormai ne ho solo una che mi sta facendo morire d’amore. Dimmelo tu, cosa dicono le mie donne?
Arrossì: non si era aspettata che rilanciasse così. Non riconosceva l’iperbole di gesti e parole che aveva riempito la giornata, evidente e priva di cautela. Il suo controllo, qualche volta simile alla freddezza, evaporava in una passione che le ricordava Riccardo: eppure nel passato erano sembrati diversi e distinti, quasi opposti.
– Dico che stai bene. Sei bello, e la pancia se anche c’è mi piace.
– Bene. Questo mi basta. E tu, non muori d’amore?
– Giuliano, è pericoloso parlare così.
– Rispondi, dimmi che anche tu muori d’amore per me. Voglio sentirlo. Dammi questa soddisfazione.
– Giuliano, è imbarazzante, proprio qui a casa tua. Cambia discorso.
– Non ci penso proprio. Siamo soli. Voglio sentire che mi ami, bella signora.
– Certo, lo sai. Accidenti, qui non riesco. Vorrei dirti una cosa più tardi.
– Vuoi dirmi una cosa? Bella o brutta?
– Molto bella. Almeno per me.
– Allora sarà bella anche per me. Dilla adesso.
– Papà, dove sei? C’è una telefonata urgente! E’ il presidente.
Giuliano imprecò a bassa voce, si scusò e corse a chiudersi nello studio. Lo sentì schiarirsi la voce prima di parlare, lo immaginò seduto alla scrivania in costume da bagno. Valeria le andò incontro.
– Grazie per l’aiuto, Gianna. Ti fermi a cena con noi?
– Grazie, non vorrei crearti disturbo.
– Nessun disturbo, così le bambine ti hanno con loro anche stasera.
– Va bene, volentieri.
Chiara le raggiunse.
– Zia, vuoi venire a fare la doccia e vestirti?
La accompagnò nella sua stanza, aveva lasciato lì la borsa con i vestiti. Accennò a dirigersi in bagno ma sentì che Chiara non si era mossa.
– Chiara, tutto a posto?
Non le rispose subito, dondolò sulle gambe per un pezzo, assorta.
– Chiara, non mi freghi. Cosa c’è?
– C’è qualcosa che dovrei sapere, zia? La mamma vuole che stasera dopo cena parliamo tutti insieme. Ci deve essere qualcosa di grave, non credi?
Ecco. Era questo. Non era stata solo una sensazione, Valeria aveva in mente qualcosa. Il gelo che le calò addosso sussurrava che niente di buono sarebbe accaduto, ma mostrare a Chiara la propria angoscia era fuori discussione. Buttò lì che forse Valeria voleva soltanto recuperare il dialogo di prima. Chiara sollevò le sopracciglia e strinse le labbra, scettica.
– Prevedo guai. Quando tu e papà avete messo a posto la piscina vi ha spiati dalla finestra e mi ha tenuta lontana, poi ha detto che stasera non posso uscire o stare al telefono perché dobbiamo parlare tutti insieme, anche con te. Ci sono cose da chiarire. Cosa c’è da chiarire, zia?
Scacciò l’oppressione, le passò le dita tra i capelli umidi.
– Tu hai dubbi o domande che vuoi fare, tesoro?
– Sì, ne ho una. Ma non ti devi offendere.
– Non mi offenderò, hai la mia parola. Chiedi quello che vuoi.
– Mio padre ha lasciato la mamma per te? Sei tu la nuova donna di papà?
Quando il tempo non esiste la soluzione migliore sarebbe il silenzio: pensò così mentre invocava con la mente l’aiuto di Riccardo.
– Pensi che sia l’amante di tuo padre?
– Non ho detto che lo penso, ma la mamma dice così e in effetti inizio a sospettarlo anche io. Ma mi fido di te, sei sempre stata la persona più affidabile quando volevo condividere qualche segreto. Voglio saperlo da te: stai con mio padre?
Poté sentire le braccia di Riccardo che le afferravano le spalle e una frase che non solo non la rassicurò ma rischiò di farla cadere senza più forze.
– Dille di no. Deve seguire il proprio destino. Sii forte, lascia che vada dove deve andare. Non puoi fermare niente, dille di no.
La voce uscì male, strozzata.
– No, non sono l’amante di tuo padre.
– Lo giuri? Potresti giurarlo su quanto hai di più caro? Sulla memoria dello zio? Anche su di me?
Merda. La nausea fu così violenta che dovette inspirare a fondo per non vomitare.
– Lo giuro.
Chiara si calmò e sorrise.
– Meno male, ero terrorizzata che il problema fosse questo ma quando tu giuri ho imparato che bisogna crederti. Volevo solo essere tranquilla. Questi misteri e il nervosismo della mamma, le risposte cattive di papà quando lei lo provoca mi spaventano. E tu e la mamma non siete serene, si vede benissimo. Sono stanca, voglio che tutto ritorni come prima. Non capisco cosa si sia rotto.
Ciò che si era rotto era impossibile da riparare e l’atteggiamento di Valeria aveva inquietato anche lei. Anzi, la sua era angoscia e non solo inquietudine: era sicura che nella riunione di quella sera Valeria avrebbe fatto male a qualcuno. Intorno a Chiara non riusciva a scorgere energia, la causa doveva essere la tristezza ma non bastava: non c’era luce e dentro di lei una voce profonda, attutita ma inarrestabile, ripeteva che il danno sarebbe stato proprio per Chiara e lei non avrebbe potuto fare niente. Li scacciava, buttava indietro i fantasmi ma aveva l’anima tappezzata di presagi incancellabili: gli occhi di Valeria, il tocco affettuoso subito tramutato in astio, l’ombra nera sul futuro di Chiara e la certezza – senza basi ma così concreta – che il male sarebbe arrivato. Era già lì.
Invocò ancora Riccardo: che succedesse a lei, che il dolore andasse a lei e non a sua nipote. Pensò di inventare una scusa e sottrarsi, forse se avesse rifiutato il confronto niente sarebbe accaduto. Valeria ce l’aveva con lei, doveva toglierle il motivo per la riunione. Ma gli occhi di Chiara addosso impedivano la fuga, la rendevano più esplicita di ogni altra scelta.
– Se qualcosa si è rotto lo aggiusteremo. Non so cosa voglia dirci tua madre, ma spero tanto che sia una bella discussione e ci porti a essere più tolleranti e sereni. Dobbiamo e vogliamo riavvicinarci, lo faremo. Ti prometto che cercherò di farti vivere felice, Chiara.
– Rimango qui mentre fai la doccia. Con te sono serena, più il tuo corpo è vicino al mio più la paura passa. Ma se c’è qualcosa che mi riguarda vorrei saperlo prima di questa sera. Ti ricordi? Mi hai sempre promesso alcune cose, con me devi essere sincera. Non tradirmi, mi fido di te. Non farmi scoprire cose che fanno male senza avvisarmi prima, ti prego.
– Chiara, non c’è niente che tu debba sapere. Non ti ho mai tradito.
Si voltò in fretta e scappò nel bagno. Quando chiuse la porta dietro di sé sedette sul pavimento, avvicinò le mani tra loro e respirò a fondo. Chiese aiuto: che fosse Dio, l’energia vitale, l’universo, le leggi della fisica che nessuno ancora aveva chiarito, aveva bisogno di assistenza. Chiara era terrorizzata, fragile, sul punto di frantumarsi. Era il suo amore! E stava male per colpa loro, di tutti loro. Chiamò Dio. Implorò che la voce interiore parlasse. Aspettò, gli occhi incastrati al palmo delle mani.
Ma, chiunque avesse chiamato, ottenne solo il silenzio.
© MariaGiovanna Luini, 2016