Abiterò me stessa [5] di Nicoletta Erre

foto di Marla Morante
foto di Marla Morante

DUE PASSI INDIETRO

A volte non è facile avere le idee  così chiare da lasciarsi dietro i ricordi che si insinuano nella mente come tarli molesti e inopportuni.
Complice, magari, una canzone che va in sottofondo col suo ritmo monotono, accompagnando i pensieri di un pomeriggio come tanti. I pensieri che non si possono fermare. Né con un no né con uno sgambetto.
Ieri guardavo un muro rossastro, con la guancia appoggiata al finestrino dell’auto.
L’ho fissato a lungo, all’ombra di un lampione.
Quel retro di una casa popolare così triste, con le finestre chiuse tranne una, con quello straccio di giardino brullo  di rampicanti moribonde.
La ricordo, quella triste palazzina. Una volta ci abitava un’amica più grande di alcuni anni. Ricordo le passeggiate, la domenica, e le chiacchierate con una sua coetanea, che passavamo a chiamare;  mi tenevo alcuni passi indietro e le ascoltavo. Erano già adolescenti: io ancora bambina. Una bambina disponibile e gentile ma aspra come il terreno che caratterizza il suolo verso nord. Mi tenevo un po’ indietro, le ascoltavo e non potevo non avvertire, come un punteruolo nel petto, quel vago malessere che mi ha sempre fatto sentire mai veramente integrata, mai facente parte di un’unità, di un gruppo, di un consesso qualunque. Sempre spuria, diversa, dispari.
Quel senso di non appartenenza che, spesso, mi portava ad opporre furibonde polemiche al buonsenso comune, o ai tradizionali “sani consigli”.
Ancora oggi qualcuno si stupisce dei miei interminabili silenzi, della capacità di star da sola a lungo, senza comunicare con gli altri. Eppure fa parte di me. Di me che amo la gente ma sempre un po’ in disparte, al di là delle quinte o qualche passo indietro. Come quando ero bambina.

© Nicoletta Erre, 2016

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