A spasso dietro Desi

Siamo appena stati a messa io e la nonna, sedute in prima fila come sempre, non perché siamo persone importanti come il sindaco o i carabinieri che quando ci sono le feste si mettono sempre davanti,
ma perché la nonna è anziana e quindi si siede lì per non fare tanta strada quando c’è la comunione. Io non sono felicissima di occupare quei posti perché sembra sempre che il sacerdote guardi noi, nessuna testa mi nasconde, poi non conosco bene tutte le preghiere e un po’ imbroglio muovendo le labbra a caso, quindi il sacerdote potrebbe facilmente scoprirmi e dire cose imbarazzanti durante la predica.
Lo fa a volte, come quando ci racconta una cosa che sembra che non c’entra niente però si riferisce a una persona che è tra noi ma non dice il nome, oppure riporta una chiacchiera che gli hanno raccontato e ci spiega perché non è cristiana e io penso sempre che se hai sentito una brutta cosa non capisco perché corri a fare la spia al prete, e poi storie di eredità contese e suocere e nuore che non si possono vedere. Queste liti tra signore grandi non le immagino proprio, cioè le vedo sempre in tv e mi fanno molto ridere nei film, però non mi immagino proprio mamma che si confessa per aver parlato male di nonna Nennina, l’unica che ho perché gli altri nonni sono morti e non li ho proprio conosciuti.
La accompagno a messa ogni domenica durante le vacanze perché lei resta con noi da giugno a settembre. Papà la va a prendere dalla città dove vive con gli zii durante l’inverno e la riporta da loro prima che io torni a scuola, perché così zia Delia può andare al mare senza “il peso” cosicché noi non ho capito bene in quale posto ci prendiamo che cosa. I miei genitori a volte non parlano bene, non li
capisco sempre e loro non mi spiegano mai.
Una volta l’ho accompagnata al suo posto preferito, davanti all’altare con un Cristo crocifisso alle spalle che è gigante come Godzilla, con una faccia sofferente che non guarda nessuno, pensa solo ai guai suoi, poverino, mi fa tanta tristezza, poi sono andata a sedere su una panca un po’ più riparata dagli sguardi della gente. A fine messa sono andata a riprendere la nonna e lei era furiosa perché non mi ero seduta accanto a lei, quindi da quel giorno le resto sempre vicino e cerco di non fare tutte le cose che sono
“sconvenienti”, tipo scalciare con le gambe quando mi annoio, sbadigliare, guai sbadigliare, è male, malissimo, e poi do la mano a tutti. Anche se non mi è chiaro perché c’è gente che si alza e va in
giro a stringere mani a chiunque mentre il prete è evidente che sta aspettando solo i comodi loro, comincia a sbuffare, cosa gravissima che invece io non posso fare e si alza, si siede, si ricompone, si
mette a posto, mentre io devo stare fermissima.
Uno che si alza sempre a dare la mano a tutti è un signore pieno di crocefissi al collo, una pancia monumentale e gli occhi bovini che gli colano sulle guance, il quale una volta voleva farsi prete, così
racconta mamma, ma non ci è riuscito quindi adesso non si perde una messa e quasi le celebra lui cantando e urlando le preghiere, i miei genitori lo chiamano “il falso prete”. A me fa paura perché una
volta eravamo a messa e stavo bisbigliando una cosa nell’orecchio della mamma, quando quell’energumeno, seduto davanti a noi, si è girare con una faccia feroce e ha emesso un sibilo ventoso con quelle labbra mollicce per intimarmi il silenzio, quindi tanto prete non mi sembra.
Nonna porta un foulard sui capelli quando andiamo in chiesa, dice che si fa per mostrare modestia e perché lo dice la Bibbia. Mi piace, è tutto pizzoso, sembra una di quelle gonne trasparenti che
indossano certe attrici in tv. Una domenica mi sono stretta sul capo un foulard bellissimo, giallo e violetto che sarebbe il pareo della mia bambola “Kelly va al mare”. Guardandomi allo specchio mi sono sentita modesta e carina, carinamente modesta, modestamente graziosa e ho espresso il desiderio di accompagnare la nonna così, con il mio modesto aspetto grazioso. Lei non mi è sembrata
entusiasta, anzi, mi ha subito chiesto di togliermi il foulard perché a messa devo essere seria e ciò mi confonde perché io vedo tante belle signore che lo indossano spesso, anche le mamme di alcuni
miei compagni di classe che non ho mai visto che capelli avessero.
Allora la mamma mi ha spiegato che dipende da luogo e età, quindi ho capito che in chiesa lo indossano solo le signore anziane mentre le donne giovani e carine si presentano sempre con i capelli
sistemati dal parrucchiere, i vestiti corti e certi tacchi che rimbombano come se i muri dovessero venir giù da un momento all’altro, ma il prete quando le vede comincia a parlare di sfilate e cameramen e si perde un po’.
Stiamo procedendo a passo lento, nonna non ce la fa a camminare spedita e si regge al mio braccio, mentre mi racconta tante cose della famiglia, delle sue sorelle, di tutti i parenti che io non ho conosciuto
perché sono tutti morti. Una strage.
Davanti a noi ci sono una signora, anche lei con un bel foulard blu sulla testa, che si appoggia al braccio di un uomo, anche loro diretti verso la piazza dove ci aspetta papà per riaccompagnarci a casa.
Neanche la signora cammina spedita e lui le porta la borsa, che caro ragazzo dice nonna, che figliolo per bene, lui, e non so perché mi viene l’idea che nel fare un complimento a quelle persone quasi voglia intendere qualcosa di brutto su papà che non viene a messa con noi.
Mi racconta di uno zio Armandino che era un signore molto sensibile, così lo descrive, che conversava con la sorella continuamente, cioè quando c’era una cena, si andava a trovare la famiglia, una qualunque visita in casa dello zio, lui era un uomo molto simpatico e conversava amabilmente ma all’improvviso
zittiva la sorella o le chiedeva si smettere di importunarlo che non sentiva cosa gli dicevano gli altri, questa sorella era morta anni prima.
Intanto la signora davanti a noi rallenta, si è persa qualcosa, guarda per terra, l’uomo che la sostiene sembra contrariato ma la aiuta a ritrovare l’oggetto e la nonna mi invita a essere cortese e a cercare
insieme a loro, ma il borsellino caduto viene subito individuato, menomale.
La camminata riprende e la nonna torna ai racconti di famiglia, perché vedi, mi dice, quella Madonna che sta con gli occhi per aria e una spada tra le mani è miracolosa, una volta durante la messa ha
cominciato a roteare gli occhi e tutti l’hanno vista, anche lo zio Luigi, poi si è fermata ed è rimasta così. Mi racconta questa storia da quando ero piccolissima e io ho sempre avuto il terrore di quella
statua, l’ho sempre fissata con l’idea che prima o poi muovesse le palpebre e cominciasse a fissare me, che ero seduta male, o muovevo le gambe, o sbadigliavo e pensavo ai fatti miei e non sapevo le preghiere fingendo di muovere la bocca. Papà mi ha spiegato che non gli risulta che ci sia una statua miracolosa nella nostra chiesa e che probabilmente la nonna confonde un po’ le cose, forse si riferisce a un fatto accaduto nell’ottocento non so dove e la nostra Madonnina è pezzotta.

Non capisco bene cosa voglia dire papà con quel termine ma lui ride, quindi non dovrei preoccuparmi davvero per questa storia, però non si sa mai, io preferisco sempre tenerla sotto controllo.
La nonna mi racconta che a tante persone della famiglia, da tempi antichi, è capitato di avere a che fare con le apparizioni dei santi e anche della Madonna e Gesù in persona, è per questo che quando
viene da noi in estate vuole sempre dormire insieme a me, perché ha paura di vedere la Madonna di notte, da sola, visto che potrebbe anche succedere. E io dico, grazie tante, quindi tu vuoi che ci sia
pure io a terrorizzarmi di notte mentre quella viene a far paura a te.
Ci fermiamo tutti per attendere che il traffico domenicale ci consenta di attraversare la strada. Abbiamo modo di sbirciare il viso dell’uomo che finora abbiamo visto solo di spalle, guarda nonna, bisbiglio, quel signore somiglia a Zio Pino, che è il mio zio preferito perché è simpatico, è foggiano, sempre abbronzato e parla in modo buffo.
È vero, conviene la nonna, somiglia un po’ al marito di zia Delia, anche se non ha lo stesso portamento elegante, ma è normale, lo zio è un politico importante della capitale.
Spesso succede che gli zii debbano dare cene in grande stile per altri signori importanti che un po’ sono amici e un po’ li devono trattare con tutti gli onori e menomale che io non ho mai dovuto andarci coi miei genitori perché mi vergognerei tantissimo e non saprei stare a tavola tutta precisa.
Una volta aspettavano certi signori per cena e la zia non sa cucinare proprio bene ma la nonna la sa lunga. Quella sera la zia dimenticò la teglia di carne nel forno e cominciarono a sentire l’odore di
bruciato, allora nonna disse a zia Delia, sta tranquilla, ci penso io, qui basta che togliamo la parte superiore tutta nera, ci mettiamo un po’ d’acqua e inforniamo ancora un po’. Papà racconta spesso
questa cosa scoppiando a ridere mentre imita le espressioni degli invitati, i quali, secondo la leggenda (la versione della zia), sembra che abbiano fatto molti complimenti alla cuoca, veramente una cena
interessante, che cosa stiamo mangiando? Certo, lo chiesero per avere la ricetta.
L’uomo davanti a noi è minuto, capelli nerissimi e carnagione scura, come zio Pino, mentre è impossibile vedere il viso della signora, tutto incorniciato dal suo bel velo ricamato, chissà che famiglia sarà,
mi bisbiglia la nonna, io non conosco tutti i giovani del paese ma le famiglie storiche le conosco tutte.
La nonna non resiste, «Scusi, signora, lei in che parrocchia va?»
La signora si gira verso di noi con un’espressione interrogativa, quasi intimidita, si abbina col foulard che infatti vuol dire modestia.
Vedi? È modesta. L’uomo con la faccia da zio pugliese si fa avanti e risponde per lei «ripeti signora, non ho capito.»

La nonna si irrigidisce, non riesce a interpretare la situazione ma sicuramente non è a suo agio, «chiedevo alla signora… dove va a messa… in quale parrocchia, chiesa, sa, io sono originaria di qui ma vivo nella capitale quindi, magari conosco la famiglia», molto titubante.
Lui si rivolge alla signora modesta e le fa un discorso in una lingua incomprensibile, lei sussurra qualcosa, il pugliese sorride e ci traduce «donna è Desi, noi siamo Islam, non qua un moschea per noi», in
realtà mi pare stia ridacchiando e anche la modesta ride. Non è poi tanto modesta, mi pare, e pure il signore pugliese mi sembra poco pugliese, a dirla tutta.
La nonna mi sembra preoccupata, cerco di tranquillizzarla «nonna, non puoi conoscere i loro antenati, i signori si vede che vengono dall’India come le mie compagne di classe Adhira, Kamya e Ridhi,
loro non sanno chi sei. Presentiamoci.»
La nonna mi stringe il braccio al quale è stata mollemente appoggiata fino a un minuto fa «scusate, scusate tanto, buona dom… buona giornata, quello che è per voi insomma.»
Mi trascina via, attraversa la strada senza neanche guardare mentre alle nostre spalle sento le risate di pugliese e modesta che sembravano tanto musoni e invece forse erano simpatici, intanto non capisco da dove la nonna abbia tirato fuori tanta energia da riuscire a trainarmi come fossi un cane.
«Nonna, hai visto papà che ci chiama? Perché corriamo?»
«Due infedeli! Due infedeli!», farfuglia continuando a farsi il segno della croce con la mano libera e intanto continuava a tirarmi per il braccio.
«Ma dici che erano sposati con altre persone e stavano filando tra loro?» ecco perché ridacchiavano, penso, la trama s’infittisce.
La nonna non mi risponde, continua a farfugliare qualcosa ma io per lei non esisto più.
È sempre così, quando succede qualcosa di divertente nessuno mi spiega niente.

©Ale Ortica

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