Still life [6] di Ygor Varieschi

© ph. Y. Varieschi

LA LETTERA E

Su di lui si dice che il tempo non passa. Ma nemmeno lui lascia una traccia di sé nel tempo. Nessuno sa con precisione di cosa si occupi, né da dove venga: sembra che non faccia nulla, che trascorra le sue giornate da solo, a camminare verso una meta che forse nemmeno lui conosce.

Nella sua casa, dove nessuno è mai entrato, si dice che gli orologi sono tutti fermi. Le lancette, che segnano orari diversi tra loro, sono fisse in un tempo morto. La polvere si accumula sui mobili, sui libri e gli scaffali, sui pavimenti. La luce entra di soppiatto, le ore scorrono nel silenzio.
Si dice che quell’uomo non misura il tempo.
Lo sfugge.
Finge che non ci sia, perché una cosa che non esiste non ha bisogno di essere misurata.

I tratti del suo volto si sono dissolti nella nebbia e nell’ombra. Non ci sono fotografie che lo ritraggono, nessun istante di lui immortalato per sempre. Scivola tra i giorni e si rintana nelle notti. Goccia dopo goccia, il suo malessere si unisce all’aria, si affida al vento, si ricongiunge al mare.

Chissà se è sempre stato così. Chissà se, in un’era remota, scorrevano fiumi tra foreste verdeggianti. Se c’era vita, dove ora c’è solo polvere e abbandono. Ma nessuno, oltre a lui, conosce la risposta.
Però una volta lo vidi sorridere. Si fermò nel mezzo di un mattino, lasciò che uno sguardo estraneo lo incontrasse, la sua anima apparve illuminata dal sole.
Una pallina di gomma gialla rotolava per terra, in un caffè all’aperto. Si fermò accanto ai suoi piedi. Lui la raccolse, la lanciò a un gatto diffidente.
Una ragazza, al suo fianco, rideva.
Era un giorno d’estate.

© Ygor Varieschi, 2018

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