HK
“Ho capito qualcosa di molto doloroso.
Effimeri non sono solo le cime memorabili
o i gesti cruciali in parete.
Transitori sono anche gli amici.”(Hayden Kennedy)
Hayden non aveva scelto. Hayden era.
Amava.
Tutto ciò che di grande e bello voleva dalla vita arrivava al massimo al secondo posto.
Al primo c’era sempre e solo l’amore.
Per la sua compagna.
Hayden ha sfidato le montagne più dure e criminali.
Sorridendo, candido come il ghiaccio di alta quota.
Le ha accarezzate tutte.
Poi un destino bastardo ha volto lo sguardo verso di lui. E gli ha ucciso la compagna.
Non lui.
La compagna.
Una valanga. Candida anch’essa l’ha travolta.
Hayden vivo. Inge no.
Ha scavato nella neve per ore. Ha urlato la sua disperazione.
Muta.
Ha piantato, sconfitto, la pala laddove sapeva esserci la sua Inge.
È sceso a valle.
Ha scritto un biglietto. C’era la posizione del suo amore. Con la pala. Lì l’avrebbero trovata.
E lì la trovarono il giorno dopo.
Ma quella notte Hayden era solo.
Ha urlato a suo modo la sua disperazione.
E si è tolto la vita.
Perché al primo posto non poteva esserci che amore.
E l’amore se l’era portato via un destino bastardo.
Hayden, l’uomo che riportò il Cerro Torre alla sua verginità, si tolse dal mondo.
Come Romeo per la sua Giulietta, nel mondo metallico e asettico di oggi, testimone dell’uomo.
Io ti saluto, Hayden Kennedy. E ringrazio il tuo sorriso bello e giovane. Addio fiore mio.
© Luca Bonisoli, 2017