
A Teo, con affetto
«Fa caldo, mi annoio, odio questo posto e ho voglia di non essere da nessuna parte, saliamo in auto e andiamo.»
«Dove?»
«Il più affanculo possibile.»
«Andiamo a vedere il tramonto a Étretat.»
«È abbastanza affanculo. Vestiti, prendi tre cose e ce ne andiamo da qui.»
Non ami le autostrade e così, appena usciti dai confini nazionali, hai imboccato una strada secondaria. Niente navigatore: solo carte e senso dell’orientamento.
La musica di Petrucciani riempie il silenzio, ma il rumore dei miei pensieri sovrasta i tasti del pianoforte di Michel.
Forse non è stata una buona idea fare questo viaggio, forse non è una buona idea cercare di tenere in piedi questo rapporto che pare avere le ore contate.
Perché non esiste un sistema per spegnere una relazione da entrambe le parti e nello stesso momento? Bisognerebbe inventarlo. Ti sei stancato di me? Nessun problema: premo questo pulsante ed ecco che, come per magia, anche io smetto di amarti e desiderarti. Ci si lascia con una civile stretta di mano e ognuno per la propria strada, con l’anima leggera e il sorriso sulle labbra. Invece no.
Perché sono sempre io l’anello debole delle mie relazioni sbilenche?
Decidiamo di passare la notte a Mâcon e dopo una cena a base di bourguignonne e Montrachet scopriamo che dall’altra parte del fiume c’è Bregovic in concerto.
Il vino, il fumo e la musica ci rendono di nuovo complici. Più tardi, nel buio della camera da letto, torni a cercarmi come non accadeva da tempo. Piano, scivoli dentro di me, regalandomi una felicità liquida che avevo dimenticato.
Il mattino seguente, davanti a un cattivo caffè, mi chiedo se ho sognato: sei di nuovo distante, hai di nuovo quell’espressione di cera che mi lega la gola con un nodo di ansia e dolore.
Ancora in auto. Coltrane e Monk.
Dipendenza dalle relazioni, dal cibo, dall’alcol, dal fumo. Sei una dipendenza o una necessità? Dovrei parlarne con la mia analista. Per l’ennesima volta.
Quando arriviamo a Étretat sono le 6 di sera. Abbiamo tutto il tempo per comprare due bottiglie di vino, del pane, del formaggio e arrampicarci con l’auto in cima al promontorio da cui si vede l’intera baia.
A piedi, passiamo oltre la cappella e ci fermiamo su una panchina.
Tu stappi, io prendo a fare bolle di sapone. Ridi. Io lo chiamo il mio antidepressivo. A volte funziona.
Il sole si scioglie lentamente fra le onde del mare. Tutto diventa rosa e oro e porpora. Anche il tuo profilo.
Sei così bello e lontano da me e sento il sapore delle lacrime in bocca.
Dove sei, ora? Di chi sei?
Guardami. Sono qui, al tuo fianco, con il mio carico di amore e sbagli e paure e slanci e fragilità.
Mi vedi?
Le parole che dici non sono mai quelle che vorrei ascoltare.
Devi rientrare a Milano entro due giorni. Un lavoro improvviso.
Passiamo la notte a pochi chilometri dalla costa. Al mattino, dopo una notte insonne, ti chiedo di portarmi a Dieppe da dove mi imbarcherò per l’Inghilterra. Sono più di 20 anni che dico di voler andare in Cornovaglia, forse è arrivato il momento giusto.
Tu sembri dubbioso, ma io sono irremovibile. In auto la radio passa i Thirty Seconds to Mars: rescue me from the demons in my mind, rescue me from the lovers in my life.
Giunti all’imbarco ti chiedo di ripartire subito. Tu dici qualcosa, io raccolgo lo zaino, mi volto e non ti ascolto.
Frome the demons in my mind. From the lovers in my life.
Non spetta a te, salvarmi, amore mio. Spetta me. Mi asciugo le lacrime, faccio il biglietto e mi imbarco senza voltarmi nemmeno una volta.
©Viviana Gabrini 2023
©Foto di copertina Pixabay