Perduti amori di Gabriele Zanvercelli

Vi racconterò una storia, ma vi avviso, essa parla di Eoni dimenticati, Antichi Dei, innominabili culti e un amore così grande da infrangere le barriere dello spazio e del tempo. Una storia per anime coraggiose.

Molto tempo fa un giovane si smarrì nel deserto. Stava ormai per morire consumato dai dardi del sole quando, all’improvviso, vide il verde di un’ oasi. Con le ultime forze riuscì a raggiungere l’acqua e dopo aver bevuto si sdraiò sull’erba. Fece uno strano sogno, vide città ormai sepolte da incommensurabili ere; udì la risata di esseri dimenticati e provò un insondabile terrore; lesse il nome del pazzo dio Nyarlatoteph su statue impossibile  e sentì il suono del flauto dell’Innominabile.

Seguendo quella musica folle si ritrovò in un tempio dalle volte blasfeme, dove i caratteri pnakotici raccontavano la nascita di una Dea. Divinità pietrificate erano sparse in atteggiamenti di adorazione. Al centro svettava un plinto marmoreo sul quale vide l’effigie di una donna bellissima, dalle forme armoniose e dall’incantevole volto.
Egli se ne innamorò.
Risvegliatosi provò una struggente nostalgia e desiderò rivedere quella statua.
Ritornato alla civiltà si dedicò alla ricerca del tempio dimenticato. Interrogò i sacerdoti dei riti più occulti, si sottopose a dolorose iniziazioni e si addentrò nei saperi proibiti.
Passarono gli anni e finalmente trovò il primo indizio, glielo diede un arabo consegnandogli un libro che così iniziava:La notte s’apre sull’orlo dell’abisso. Le porte dell’inferno sono chiuse, a tuo rischio le tenti. Al tuo richiamo si desterà qualcosa per risponderti. Questo regalo lascio all’umanità, ecco le chiavi. Cerca le serrature, sii soddisfatto. Ma ascolta ciò che dice Abdul Alhazred, per primo io le ho trovate, e sono folle”.
Da quel momento riuscì a decifrare oscuri presagi e dopo anni di studio pensò di aver trovato il luogo dove era stato edificato il tempio.
Viaggiò per innumerevoli miglia  e infine raggiunse rovine che gli uomini da tempo evitavano. Scavò come un folle, sorretto dal demone del suo desiderio, e alla fine fu premiato.
In una notte senza luna il terreno cedette e quando si riprese dalla caduta si ritrovò nel tempio del sogno.
Un terribile senso di antichità gli opprimeva l’animo, tuttavia le statue sembravano appena aver lasciato lo scalpello dell’inumano scultore.
Al centro, la Dea.
Egli lesse con avidità la formula d’evocazione scolpita sulla base della statua  e, pur consapevole dell’estremo pericolo, si dispose a pronunciarla.
Sudava quando iniziò a declamare. Lo sforzo fu immane ma egli fu premiato.
D’improvviso la Dea apparve, coperta da splendidi veli. Guardandolo negli occhi iniziò a spogliarsi.
Proprio mentre stava per scoprire le sue magnifiche grazie togliendo l’ultimo velo, successe l’impensabile: la Dea scomparve, sostituita da un giovane abbigliato con fogge strane e dallo strambo eloquio.

«Cazzo! questo videogioco in realtà virtuale è una figata pazzesca! Ehi signore, per caso sa dove posso prendere il bonus per l’aumento di livello? No eh? Devo aver fatto casino coi controlli spazio-tempo… mi pare di essere nel posto sbagliato, lei che ne dice? Oh non dia i numeri, chiedevo solo… Madò che gente s’incontra in ‘sto universo.»

Detto questo scomparve.
Purtroppo l’incantesimo era irripetibile.
Nel tempio esplosero terribili imprecazioni e disperati  lamenti che nessuno, mai, udì.

©Gabriele Zanvercelli, 2019

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