Ossessivo Compulsivo di Sara Uslenghi

«Non tocca a me, oggi, vero?»
Ferma sul pianerottolo, la porta dell’ascensore aperta, mia madre.
«No, non tocca a te, stai tranquilla.»
Lo dico tutti i giorni per scaramanzia. Ho i miei riti: se ne salto uno, toccherà a me. Faccio sempre la stessa strada per andare a scuola, prendo il 27 alla seconda fermata, salgo e sfioro la porta con la mano, guardo il conducente e conto fino a cinque. Cinque, non quattro e non sei. Se il posto vicino al finestrino è libero, mi siedo, altrimenti sto in piedi. Scendo dal tram e prendo la terza via a sinistra, cantando le prime cinque strofe di una vecchia canzone. Le ripeto finché non arrivo al portone giallo, lì mi accendo una sigaretta. Non mi piace fumare, ma fa parte del rito, un dono al dio delle strade, perché mi salvi anche oggi.
Entro a scuola. Conto le scale fino a venti, poi smetto. Prima di avvicinarmi al banco gratto con l’unghia la vernice della parete. Uno, due, tre respiri. La mia compagna di banco non mi piace: parla troppo e mi guarda spesso. Il fatto che io debba contare novantanove quadretti sulla pagina del quaderno ogni giorno non contribuisce granché alla nostra amicizia.
Sono pronta. Lei entra. Non saluta mai, entra e basta, si siede e apre il registro. Quando lo apre, inizio a toccare i bottoni della mia camicia (devo!) altrimenti tutto quello che ho fatto stamattina non sarà servito a nulla. Lei inizia a scorrere con il dito (un bottone, due bottoni, tre bottoni), si ferma, apre la bocca, poi ci ripensa (sette bottoni, otto bottoni). Continua a scorrere, ma io sono più forte e non ho paura, vero?
«Mamma mia e se tocca a noi, oggi?»
Non sono abituata al fatto che la mia compagna mi parli, non lo fa mai quando lei legge il registro. Per questo, sobbalzo. Oddio. Ho perso il conto.
Dieci bottoni?
No forse undici.
Basta un solo secondo di distrazione.
Fa un nome. Il mio.
Non c’è più nulla da fare, mi ha guardato. La porta è sbarrata. Mi alzo nel silenzio più totale, il sollievo degli altri è un unico respiro. Mi avvicino. Glielo leggo in faccia, si sta divertendo.
Mi prende per un braccio e mi porta via, per i corridoi, giù per quelle scale, nel buio.
Forse se conto gli scalini non mi farà tanto male.

©Sara Uslenghi, 2020
©Foto di copertina Marco Brando

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