Storie in minigonna (racconti brevi che lasciano le gambe scoperte) [2] di Anna Martinenghi

PENSIERO STUPENDO
(…si potrebbe trattare di bisogno d’amore)

Sono una qualunque: ho un aspetto insignificante e di solito passo inosservata, non mi faccio nemmeno i colpi di sole. Non ho il fascino delle brutte e il mio modo di fare non è accattivante. Gli uomini non mi guardano e io non guardo gli uomini. E’ sempre stato così. Sono una di quelle donne insulse, di cui si dimentica la faccia e nemmeno il fondoschiena rimane impresso nella memoria. Una di quelle che nella foto di classe s’intravede appena, nascosta dietro altre teste e a altri sorrisi, una di quelle di cui ci si scorda il nome, qualche anno dopo. Sono inconsistente, sia nel corpo sia nel carattere. Eppure sono una donna qualunque solo in apparenza. Divento bella con la passione, incendio la mia crisalide col fuoco che ho dentro, che altri sguardi non colgono. Non lo dico tanto per dire, lo dico perché lo faccio: perché sono capace di vivere pensieri stupendi; quelli che, – come dice la canzone – nascono strisciando. E io li lascio strisciare fuori di me.

Mi piace l’opera, il racconto delle passioni assolute e estreme: l’amore e la morte. Compro tre biglietti di un palco da quattro e aspetto. E’ uno sfizio un po’ caro, ma ne vale il prezzo. La sera dello spettacolo mi preparo con cura; abito di seta che mi scivoli addosso come il sipario sul palco, tacchi alti, calze autoreggenti. Il teatro traveste anche gli spettatori, esige la loro migliore versione.

Cerco di non arrivare troppo presto, per non rovinarmi la sorpresa. Chi ci sarà ad aspettarmi? Conosco bene la liturgia del teatro, la puntualità delle recite. Mi piace arrivare sulle prime note del preludio, quando le luci sono già spente, ma il sipario è ancora chiuso. Spesso non c’è nessuno; in quei casi mi godo l’opera in pace, nel buio del palco vuoto, appena discosto dal proscenio. Altre volte – raramente – trovo una donna seduta. Una donna sola, come me. Allora mi metto accanto a lei, le sorrido e dopo un po’ stiamo già parlando come vecchie amiche: dell’abito della soprano, del baritono che è giù di voce, di mille piccoli dettagli che si consumano davanti a una tazza di caffè.

E poi, a volte, c’è “un lui” ad attendermi. Uno che l’opera la ama davvero; disposto a acquistare l’ultimo posto in un palco, a sedersi accanto a sconosciuti pur di assistere allo spettacolo delle passioni estreme. Il mio pensiero stupendo allora scivola giù per le gambe, sulle calze di seta. Mi siedo dietro di lui, lascio che siano l’atmosfera e il mio profumo a parlare. Non è importante che faccia abbia, che età abbia, so che la musica e la passione l’hanno condotto a me, come un insetto nella tela del ragno.

Molti capiscono da soli, sono convinti d’aver preso l’iniziativa. Ma il ragno sono io e loro la preda, anche se mi credono farfalla, mentre sollevo la mia crisalide di seta. Sono in pochi a ritrarsi. Li prendo per mano, come fossero ciechi e io un libro scritto in braille. Leggono con le dita il primo confine, quello che separa la pelle dal bordo delle calze. Un richiamo irresistibile.

Mentre l’orchestra suona, il mio sipario si alza e io non sono più una donna qualunque, divengo tutte le donne, tutte le fantasie. L’enorme, irresistibile forza femmina. Il confine è superato; il mio pensiero si avvinghia, diviene carne, il fuoco mi brucia dentro. Amo senza amore, senza darne, senza ricevere, ma con energia crescente che appartiene all’istinto primordiale. Come un fiore che si lasci impollinare dall’ape e come un’ape che a sua volta impollina il fiore. Ma se sono ape, sono l’ape Regina. Lascio scorrere la vita, in quell’incontro fra sconosciuti, in quello scambio di fluidi e energia che tolgono logica ai pensieri, annebbiando la ragione.

Sul palco si consuma la tragedia: l’eroe muore per amore, mentre uno sconosciuto muore dentro di me, tornando a vivere. Neanche il tempo di una parola; me ne vado subito; ritorno nel mio perimetro, nel mio limite di nuovo invalicabile. Riprendo il mio aspetto insignificante, lasciando il malcapitato a chiedersi se si è trattato di un sogno o di una dolcissima violenza.

Forse domani ci incontreremo per strada e lui – ne sono certa- non mi degnerà di uno sguardo, ma non importa. Sono stata e rimarrò per sempre il suo “Pensiero stupendo”.

©Anna Martinenghi

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