Quello che degli Sviaggiatori non sai [3] di Sandra Giammarruto

In foto Nicoletta Vallorani

INTERVISTA A NICOLETTA VALLORANI

Sei una scrittrice eclettica: fantascienza, noir, storie per bambini… Quale genere preferisci?

Nessuno. Io scrivo, e ogni storia ha dentro la sua natura. Mi è difficile, in ogni ambito, decide preliminarmente un’etichetta. Le definizioni vengono dopo, e sono per lo più dettate da esigenze editoriali. Però io faccio la scrittrice, e le definzioni mi restano difficili e mi vanno strette. E faccio anche un po’ fatica a predetermianre il pubblico.

Come definiresti Nicoletta Vallorani autrice?

Nellos tesso modo in cui definisco Nicoletta Vallorani persona: una donna libera, che fa della scrittura un suo personalissimo atto di libertà. Siamo creature sociali, e la scrittura è un dialogo, un innesco per discorsi che poi possono svilupparsi nelle direzioni più varie, sociali anch’esse.

Quando hai iniziato a scrivere e perché?

Difficile stabilire una data d’inizio. La scrittura è una necessità e un progetto. Come necessità, non ha regole ed è semplice, per chi la pratica, come respirare. Come progetto, essa ha un interlocutore. E allora diciamo così: ho cominciato a pensare di essere pubblicabile all’inizio degli anni ’90, quando avevo più o meno trent’anni. Avevo delle cose da dire, e mi pareva che potessero essere condivisibili. E belle, della bellezza della letteratura.

Il libro che stai leggendo e il libro che regali più spesso.

Sto rileggento Graceland, di Chris Abani, ed è una riscoperta perché devo anche raccontarlo ai miei studenti. Racocntare e leggere le belle storie degli altri è un privilegio al quale non intendo rinunciare. Sul libro che regalo più spesso, non saprei dire. Gli amori cambiano, anche se vi sono alcune storie irrinunciabili. Una tra tutte, specie ora: Cuore di tenebra, di Joseph Conrad.

Ci sono delle regole che rispetti nella scrittura?

Una sola: il rispetto del lettore. E no, forse ce n’è una seconda, collegata alla prima: il rispetto della lingua italiana, che è lo strumento mai domo del mio mestiere

Quale scrittore è stato fondamentale per la tua crescita artistica?

Più d’uno, a dire il vero. Citerei di nuovo Joseph Conrad, ma anche Angela Carter. Ma poi pure Herman Melville. Però la persona che davvero è stata fondamentale nella mia crescita artistica è stato un editor, oltre che scrittore: Luigi bernardi, del quale è appena uscito postumo il bellissimo e necessario L’intruso (DeA Planeta)

Qual è il tuo miglior incipit e quale il miglior incipit che hai letto.

Il mio miglior incipit dovrebbero designarlo il lettore. Ci sono due incipit miei, molto diversi, che amo molto. Il primo è quello di Eva (Einaudi, 2002):

“Malpensa,28 giugno 2023, ore 23.30

Nella lingua dei segni, cuore è un pugno chiuso.
Lo raccolgo dall’asfalto, questo cuore, pulito perché la pioggia ha lavato via il sangue.
Senza sangue, il cuore è una cosa, un oggetto anatomico. Fuori dal corpo cui appartiene, non è più un pezzo di vita, ma un mucchietto di carne scivolosa sul lattice dei guanti. Lo sollevo verso la luce della torcia e guardo meglio, cercando di provare qualcosa, di sentire una voce. Ma non c’è niente. Le cose non parlano.
Oppure, a guardarle bene, forse sì.
Come sempre, il cuore è il centro del disegno. Gli altri pezzi sono in ordine, sistemati con cura, a raggiera. Prima gli organi interni, poi il resto, nella fascia esterna del cerchio. Un sistema organizzato intorno al cuore, come dovremmo essere noi, da vivi. Il disegno è perfetto: distanze precise tra un pezzo e l’altro, simmetrie geometriche in ogni direzione. Un’operazione chirurgica.”

Il secondo incipit è quello di Lapponi e criceti (Verdenero, 2010):

“Ho fatto una trattativa con Dio.
L’ho fatto solo per non lasciare nulla di intentato. E poi perché non ci vedevo niente di strano. Due giorni prima che mi decidessi a questo passo, in Pronto Soccorso hanno portato uno che si era ustionato le chiappe a furia di  fotocopiarsele. Voleva metterle nel suo curriculum e dichiarare di essere disposto a darle via per un lavoro qualunque. Quando lo hanno portato alla neuro, ha detto che magari, se lo tenevano lì,  gli riusciva di fare qualche pasto decente per un paio di giorni. Se ne sono disfatti in un baleno, quando hanno capito che non era matto, ma solo disperato. Intanto, alla televisione dicono che siamo un paese in crescita e che le cose vanno sempre meglio. E invitano le copisterie a non lasciare gli utenti da soli con le fotocopiatrici. Stanno sbocciando strane storie d’amore tra macchine e umani. L’esempio del fotocopiatore di chiappe potrebbe diffondersi.

Io, tecnicamente, sono quasi morta. Non posso fare molto per difendere i miei diritti o per riavere il mio lavoro di essere vivente. Perciò, ecco, ho pensato che il mio unico interlocutore plausibile possa essere il Manager Supremo, l’Amministratore Delegato del creato,  LUI, il Capo, insomma, Dio.

In ogni negoziazione, il problema è solo quello di trovare gli argomenti giusti. Individuare una falla nella corteccia spessa di diffidenza della persona che vogliamo convincere. Il punto è che abbiamo tutti dei punti deboli, anche se quelli di Dio sono ineffabili, ineguagliabili e, per il fatto stesso di applicarsi a Dio, difficili da definire.”

Anche sugli incipit di altri autori ho qualche dubbio, nel senso che ce ne sono tanti. Citerei però le prime due pagine di Gomorra, di Saviano. Non ho necessariamente amato tutto il libro, ma l’incipit è strepitoso.

© Sandra Giammarruto, 2018

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