Oblò [6] di Chiara Munda

© ph. C. Munda

IL NEGOZIO DI CIANFRUSAGLIE

Il negozio di cianfrusaglie è pieno di cianfrusaglie.
Nel negozio di cianfrusaglie, le cianfrusaglie sono in rigoroso ordine sparso, non esiste schema organizzativo che ne gestisca la collocazione.
Nel negozio di cianfrusaglie, in mezzo alle cianfrusaglie, devo cercare uno scolapasta dai fori sottili; l’ultima volta che ho usato il mio per scolare il riso, ho raccolto chicchi dal lavandino per venti minuti. Del resto ci sarà un motivo se si chiama scolapasta e non scolariso.
Mi muovo tra le corsie, mi faccio spazio tra cover per cellulari, flessibili della doccia e improbabili oggetti in plastica colorata non meglio identificati. Mentre adocchio quello che potrebbe essere il reparto casalinghi, almeno secondo il mio bisogno di ordine, entra un ragazzo. È alto, leggermente stempiato e indossa una camicia a scacchi bianchi e blu con le maniche arrotolate sull’avambraccio. Si rivolge alla ragazza in cassa con il tono aggressivo di chi pensa che il cliente abbia sempre ragione. Senza se e senza ma. «L’ho comprato martedì e non funziona!». Lo dice sbattendo sul banco un apriscatole rosso. La parte in cui si sorride e si saluta l’ha saltata, avrà letto nel Manuale Del Consumatore Informato Scritto Con Le Maiuscole che il cliente, visto che paga, ha il diritto di essere maleducato. La ragazza solleva l’oggetto, lo passa da una mano all’altra e lo osserva; poi, timida, risponde che sembra funzionante e si offre di fargli vedere come usarlo. Non parla bene l’italiano, ma quello che dice è semplicissimo, lo capirebbe anche un bambino. Si gira e prende una scatola di pesche sciroppate, l’appoggia sul bancone e prova ad aprirla con l’oggetto incriminato.
Mi chiedo come si possa non saper usare un apriscatole; poi realizzo che ho dovuto trasformare la mia cucina in una risaia per capire l’etimologia di scolapasta e forse dovrei essere più umile.
Umiltà del tutto estranea al ragazzo stempiato che insiste nella sua tesi per cui l’apriscatole non funziona, è difettoso e non lo vuole. La commessa rinuncia a farlo ragionare e interrompe la dimostrazione dei prodigi dell’ingegneria meccanica applicati allo scatolame; estrae dalla cassa un blocchetto e gli spiega che può fargli un buono da spendere in loco. Di nuovo, lo dice in un italiano stentato, ma il concetto è semplicissimo, lo capirebbe anche un bambino. Ma non il nostro eroe dalle maniche arrotolate sugli avambracci. Lui no, non capisce che il buono non è un’offesa personale, un’onta, un oltraggio a lui, alla sua famiglia, alla bandiera e al buongusto. Lui no, queste cose non le accetta. Blatera che non se ne parla, ha pagato con i soldi e rivuole indietro i soldi. «Ridammi i 3 euro» le dice «così non ne parliamo più». Forse nel Manuale Del Consumatore Informato Scritto Con Le Maiuscole mancano un po’ di pezzi. La ragazza cerca di colmare le di lui lacune commerciali spiegandogli che no, non funziona così, non può aprire la cassa e dargli 3 euro, «le regole» dice e gli spiega di nuovo la procedura del buono. Io continuo a fingere di cercare lo scolapasta -o scolariso che dir si voglia- ma sono molto più concentrata sulla discussione che sui casalinghi.
Mentre il consumatore informato fa valere i suoi diritti al grido di «se non mi ridai i 3 euro non me ne vado!» e la ragazza ripete la parola “buono” un numero indeterminato di volte, da dietro una pila di scatole di scarpe di Hello Kitty appare lui: avrà 70 anni, è basso e pelato, porta occhiali da vista dalla montatura obsoleta e un marsupio blu in vita. Pantaloni corti e sandali tedeschi. Cammina lento e si avvicina al ragazzo stempiato, gli prende la mano e gliela fa aprire con il palmo rivolto verso l’alto; gli appoggia sopra due monete, una da due, l’altra da un euro; lo guarda negli occhi, gli chiude le dita a pugno e se ne va senza dire una parola.
Nel negozio di cianfrusaglie, non c’è una batcaverna, ma solo una pila di scatole di scarpe di Hello Kitty.
Nel negozio di cianfrusaglie i supereroi non indossano maschera e mantello, ma marsupio, occhiali fuori moda e sandali tedeschi. E sono molto, molto più affascinanti di quelli dei fumetti.

© Chiara Munda, 2017

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