Prossima fermata, Kobane, uscita lato destro [2] di Roberto Macchi

kurdish_flag
Bandiera curda

Prossima fermata, Kobane, uscita lato destro
Next stop, Kobani, right side exit

La mattina successiva all’arrivo, ci svegliamo e ci troviamo dinanzi alla realtà. Primo passaggio mentale è la comprensione del perché e del percome siamo arrivati con le tenebre. Se fossimo arrivati di giorno, avremmo visto immediatamente lo skyline della cittadina, spingendoci così a sequestrare l’autista del furgone e dirottare il veicolo verso Roma, e chi s’è visto s’è visto, poi, venitece a pija’ coi Nocs! Diciamo subito che la migliore delle abitazioni farebbe apparire Nuraghe Losa il Waldorf Astoria, e con ciò chiuderei il capitolo di approfondimento architettonico. Subito dopo veniamo ospitati in alcune case private mentree altri finiscono nella moschea. Nella moschea? Nella moschea??? Cioè, scusa, voi siete atei agnostici, nella peggiore delle ipotesi, dei cristiani e loro, i musulmani, vi fanno dormire in una moschea senza che Maometto o Allah non abbiano nulla da obiettà? (La rima l’avete colta? Sono o non sono meglio di Mogol?) Sì, esatto, possiamo dormire nel loro luogo di culto, perché per loro il fratello che versa in stato di bisogno deve essere aiutato come si può. I curdi sono un esempio di islamismo progressista e aperto, fondano la gestione delle loro comunità sul mutuo soccorso, sul rispetto dell’ecosistema che li ospita e sulla parità dei diritti tra uomini e donne. Le donne curde non solo possono essere autonome in ogni loro manifestazione, ma prendono parte attiva all’amministrazione della comunità con un rilievo assoluto per ciò che concerne la giustizia. Le donne curde, stanno combattendo fianco a fianco con i loro uomini e determinando la sconfitta del nemico.

Le notizie che riporto sono estratte dai discorsi che abbiamo intavolato con gli abitanti di Mesher e liberamente interpretate da me. Le difficoltà di comprensione erano immense, l’inglese è una chimera e quindi sfruttavamo la presenza e la pazienza di alcuni curdi che parlicchiavano alcune parole di italiano. Facile che qualche concetto sia stato travisato o incompreso.

Provate a chiedere della leggendaria Nalim Afrim, la donna comandante che da mesi conduce le truppe della resistenza con un piglio che lascerebbe a bocca aperta persino Napoleone e calerebbe le braghe anche a Rommel e Patton messi insieme. Oppure provate a chiedere di Ceylan, che, una volta finite le munizioni e ormai accerchiata dai nemici, piuttosto che cadere prigioniera, ha deciso di farsi esplodere, trascinando nell’oblio diversi nemici. Provate altresì a chiedere di Rehana, la donna cecchino dalla mira infallibile, che, una volta catturata, è stata decapitata dalle truppe nemiche e la sua testa mostrata ai suoi compagni per fiaccarli e farli capitolare, riuscendo invece solo a determinarli ancora di più verso la vittoria finale. Altro che “American sniper”.

I rapporti con la popolazione sono i più cordiali e affettuosi che si possano immaginare. Ci si ritrova intorno a un fuoco per discutere di come Mengoni, secondo loro, abbia scopiazzato la “Cura” di Battiato con la sua ultima hit, o di come il sistema di gioco della Juventus preveda sempre al centro dell’attacco un arbitro, e che il prossimo Presidente della Repubblica debba essere uno che sappia guardare sia a destra che a sinistra, senza perdere di vista le aspettative del centro. Inutile dire che l’ipotesi più concreta veda in pole position Gasparri con notevole sgomento e raccapriccio da parte dei curdi. Scherzi a parte, loro ti accolgono senza grosse cerimonie e ti rispettano, non per ciò che fai, ma semplicemente per il solo fatto di appartenere al genere umano. Roba da matti, vero? Un essere umano, che rispetta un altro essere umano, solo per il fatto che entrambi esistono. Ti ringraziano per aver preso a cuore la loro storia e il loro dramma con una dignità infinita, senza nessun lamento, nessuno strepito. La loro difficoltà e il loro dolore sono lì, sotto i tuoi occhi, spetta a te coglierli, non a loro  mostrarteli. Nessuno però me lo toglie dalla testa che silenziosamente, nella loro capoccia, siano lì a chiedersi perché tu, che hai addosso tutti questi vestiti fichissimi e aitek, proveniente da un paese sulla carta, libero e democratico, abbia voglia di vivere, seppur per pochi giorni, il loro incubo. Già, perché? Vabbè, lasciamo stare questo discorso, quando avrò trovato una risposta che mi convince, vi farò un fischio.

I curdi fuggiti dalla regione della Rojava, sono ammassati a migliaia lungo la linea di confine, sparpagliati in alcune tendopoli preposte a ospitarli a tempo indeterminato. Hanno lasciato dietro di loro tutto quello che avevano, molti di loro affluiscono lungo il confine, solo per far vedere ai combattenti la loro presenza, fargli sentire che sono lì, pronti a supportarli in ogni modo. Le loro città sono state invase o distrutte, perché loro non volevano avere nulla a che spartire con il nascente stato islamico. Loro basano la loro esistenza sul rispetto e la pacifica convivenza ispirata a principi di condivisione e democrazia, non potevano sopportare l’idea di venire assimilati ai cattivoni che, invece, fondano il loro sistema di vita sulla prevaricazione e l’abominio.

CONTINUA…

© Roberto Macchi (rmphoto.it), 2015

Chi è Roberto Macchi?

Conosce la fotografia a 5 anni, lei, la fotografia, ne rimane sconvolta e scappa, ma lui corre più veloce e la sposa. Ben presto si accorge che fare il fotografo non significa cuccare modelle, ma vivere di stenti. Vince alcuni premi importanti, essendo l’unico in concorso; negli altri casi, sbaraglia la concorrenza grazie a corruzione e vili ricatti. Diventa fotoreporter per caso, e nessuno se ne accorge, tranne le modelle che finalmente si sono liberate di lui. Andato in Siria, fa strage di cuori tra gli jihadisti, ma riesce a non perdere la testa.

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